Sul podio delle band che hanno ricevuto meno, molto meno di ciò che avrebbero meritato, i Mercury Rev hanno toccato l’apice della loro carriera esattamente vent’anni fa, quando diedero alle stampe quel piccolo capolavoro del chamber/dream pop che risponde al nome di “Deserter’s Songs”. Va da sé, dunque, che Jonathan Donahue e i suoi non volessero lasciarsi scappare l’occasione di riproporlo per intero proprio per festeggiarne l’età tonda. Per fortuna, aggiungiamo noi.
Al Serraglio è la prima delle quattro date italiane di questo tour celebrativo, Donahue è in forma e lo si capisce immediatamente per i lunghi intermezzi tra un pezzo e l’altro in cui parla, parla molto raccontando ciò che sta dietro la realizzazione di “Deserter’s Songs”, cos’erano i Mercury Rev in quel periodo, da dove venivano e dove pensavano di poter andare. Insomma, non una semplice riproposizione integrale dell’album.
L’impalcatura è minimale, nel senso che a parte tre chitarre e le tastiere sul palco non c’è null’altro, neanche un minimo accenno di sezione ritmica. La differenza si sente, inutile negarlo, tanto che in gemme come Holes non possiamo nascondere di averne sentito la mancanza. Questa formula ridotta all’osso, però, se da un lato toglie dall’altro dà: dal punto di vista atmosferico, infatti, la tracklist del disco ne guadagna, poggiandosi interamente sul lavoro al synth condito dai flebili arpeggi di sei corde.
Come si diceva, Donahue non si fa pregare nel rivolgersi al pubblico (numeroso, ma molto meno di ciò che avrebbero meritato l’occasione − giusto per tornare al nostro incipit), trovando anche spazio per ricordare lo scomparso Mark Linkous con una splendida cover della Sea Of Teeth dei suoi Sparklehorse, un’altra esperienza che in quanto ad atmosfere ha dipinto pagine tra le più profonde dell’indipendente americano.
Da stasera, se riuscite, non precludetevi la possibilità di assistere a questo tour.