Il concerto dei Mogwai all’Estragon ancora deve cominciare. Lo apre Rm Hubbert, un ragazzone scozzese dalle dita agili e sottili, in barba alla sua stazza possente, dita veloci che mescolano la chitarra classica alle percussioni. Poi comincia. Così, senza troppi preavvisi o divismi. E si configura subito come un’esperienza mistica. Un concerto della band di Glasgow è un rito di purificazione, un’esperienza multisensoriale. E’ un concerto che ti fa male: prima ti senti cassa, rullante e piatti, ti stanno colpendo, ripetutamente. Poi ti senti corde di chitarra, ti senti graffiato dentro. Come quando qualcuno con le unghie gratta via la pelle vecchia e viene fuori il dolore vivo, quello che seppelliamo sotto la quotidianità. Allora giù ad affondare quelle unghie nel palmo della mano, ti viene spontaneo, te ne accorgi solo quando ti rimane il segno. Ovviamente l’ultimo disco, “Hardcore Will Never Die, But You Will”, lo percorrono tutto, dall’inizio alla fine, ma fortunatamente in ordine sparso, lasciando quella solleticante curiosità se sarà la prossima o no quella che ti fa battere il cuore più forte. Ci sono per fortuna anche vecchie glorie: I’m Jim Morrison, I’m Dead, Hunted by a Freak, Friend Of The Night. All’Estragon fa freddo, non c’è necessità di spogliarsi di troppe maglie, maglioni e sciarpette, ma l’atmosfera è calda. Sono già rientrati e riusciti, con inevitabile amarezza constato che saranno gli ultimi pezzi. Per New Paths to Helicon l’emozione è così forte che comincio a sudare, fa freddo ma io sudo, e in quel sudore c’è tutto, ansia amore dolore gioia rivincita. Un orgasmo multiplo, un pezzo che parte esplode muore e rinasce più forte di prima, quasi per vendetta, dalle polveri della prima metà risorge e riesplode, ma senza finire mai, continua a rimestare nel torbido per oltre dieci minuti dall’uscita della band. Modulazioni di suoni che ci lasciano così devastati, interdetti, storditi che nessuno riesce a chiedere un altro bis, nessuno neppure applaude più, nessuno riesce a scollarsi dalla sua postazione, sebbene il concerto sia inevitabilmente finito. E poi dopo la fine devi aspettare che si riformi la pelle nuova sulla ferita che i Mogwai ti hanno riportato alla luce, con graffi e botte. E questo è l’effetto Mogwai: una dannazione assoluta, per poi rinascere, diversi.
SETLIST: White Noise – Killing All The Flies – Death Rays – How To Be A Werewolf – San Pedro – I’m Jim Morrison, I’m Dead – New Paths to Helicon, Pt. 1 – Rano Pano – Friend Of The Night – You’re Lionel Richie – Hunted By A Freak – Mexican Grand Prix — encore — George Square Thatcher Death Party – My Father My King
A cura di Florinda Martucciello