È il Thanksgiving e siamo a Roma, in Italia. C’è una band americana che suona, una band di Seattle. Si chiama Mudhoney. È in attività dalla fine degli anni ’80 del secolo scorso, ha pubblicato dieci album. Ed è una leggenda.
Dopo un’assenza sentita nella capitale, Mark Arm e soci tornano in supporto della loro ultima fatica in studio, il riuscitissimo “Digital Garbage”, per insegnare la Bibbia del rock al Largo Venue, location designata. Li precedono, puntualissimi, i Please The Trees, gruppo psych made in Repubblica Ceca – anche loro intenti a presentare il nuovo arrivato “Infinite Dance”. Il trio ha energie da vendere e regala un opening all’altezza, trascinando gli spettatori già presenti in un vortice di percussioni e riff avvolgenti. Omaggio del frontman al grunge: un’arcinota t-shirt indossata più volte da Kurt Cobain, con la cover di “Hi, How Are You” a firma Daniel Johnston. Graditissimo.
Ben al di là di rievocazioni nostalgiche, tuttavia, la storia si presenta poco dopo in carne e ossa: i padroni della serata fanno la loro entréein uno scrosciare di applausi. Ed è subito un’altalena rodatissima tra passato e presente. Into The Drink calcia il pallone d’inizio, per rimbalzare sulla ben più recente I Like It Small e regalare una serie di montagne russe cui apice sarà raggiunto dalle sempre portentose You Got It, The Farther I Go, No One Has e il grande classico Touch Me I’m Sick. I pezzi si agganciano l’uno all’altro senza sosta: Dan Peters martella, Guy Maddison scandisce, Steve Turner pennella. Ma è quando Mark mette da parte la chitarra che il gioco, da duro, si fa durissimo ed esaltante.
Gli ultimi venti minuti dello show sono letteralmente una bomba: fischiano ancora le orecchie per Paranoid Core, tremano ancora le nocche per Get Into Yours, vibrano ancora le pareti per 21st Century Pharisees. L’intento è chiaro, ribadire il concetto: la qualità e l’energia sono le stesse di un tempo. E in effetti, il paragone con il bis regge – eccome.
Sul devastante trittico The Money Will Roll Right In-Hate The Police-Fix Me, il cerchio si chiude lungo una carriera da carrarmati mai andati in pensione, dismissione, riconversione. È il Thanksgiving e siamo a Roma, in Italia. C’è una band americana che suona, una band di Seattle. Si chiama Mudhoney. È in attività dalla fine degli anni ’80 del secolo scorso, ha pubblicato dieci album. Ed è ancora una fottuta leggenda.
SETLIST: Into The Drink – I Like It Small – Hey Neanderfuck – You Got It – Nerve Attack – The Farther I Go – Judgement, Rage, Retribution And Thyme – No One Has – Kill Yourself Live – Touch Me I’m Sick – If I Think – Next Mass Extinction – Suck You Dry – Please Mr. Gunman – Get Into Yours – Night And Fog – F.D.K. (Fearless Doctor Killers) – Oh Yeah – I’m Now – Paranoid Core – One Bad Actor – The Only Son of the Widow From Nain – 21st Century Pharisees —ENCORE— Here Comes Sickness – Who You Drivin’ Now? – Sweet Young Thing (Ain’t Sweet No More) – Ensam i natt (The Leather Nun cover) – The Money Will Roll Right In (Fang cover) – Hate the Police (The Dicks cover) – Fix Me (Black Flag cover)