A far compagnia a Niccolò Fabi a Zafferana Etnea (CT) per il suo “Diventi Inventi Tour” che racconta una storia lunga 20 anni, c’erano i suoi compagni di viaggio degli ultimi live: Alberto Bianco, Damir Nefat, Filippo Cornaglia e Matteo Giai. Chi segue Niccolò Fabi lo sa, a lui piace vagabondare, non solo nel senso puramente fisico. Ama perdersi, viaggiare al contrario, come quando decide di portare in giro un album che non è ancora uscito o come quando alle 21.30 esce sul palco con un banjo color avorio e presenta tutta la band già all’inizio del concerto.
Dice tutti i titoli dei pezzi prima di iniziare a suonarli (Il giardiniere, Una somma di piccole cose, Filosofia agricola, Solo un uomo, La promessa), come farebbe un’artista emergente, come se non tutti li conoscessero, come se, volente o nolente, non raccontassero la vita di persone comuni. Recita Niccolò Fabi, afferra ogni parola che canta e la stringe forte, scuote le spalle, guarda dei punti in platea come se parlasse con ciascuna delle persone che ascoltano. S’incazza, sussurra a denti stretti Solo un uomo, raccontando la necessità di conservare e trasformare il dolore esattamente come la gioia. Gioca con gli arrangiamenti, con la sua band e con gli strumenti, alterna lentezza a velocità, suoni morbidi a metallici. Ne vengono fuori due versioni quasi punk rock di Rosso e Una buona idea.
Parla del suo viaggio Niccolò, lo definisce sinusoidale. Prima di cantare 10 Centimetri spiega come alcuni dei suoi pezzi siano stati messi da parte in tutti questi anni: si riferisce soprattutto al suo terzo album, “Sereno ad Ovest”, definendolo come una fuga dal grande pubblico, un tentativo disperato di parlare a quanta meno gente possibile, che poi, tanto si sa, chi ha voluto ascoltare lo ha fatto comunque. Parla di Ecco come la canzone più difficile tra tutti i suoi pezzi, sputata fuori come il dolore più forte della sua vita e la esegue senza soluzione di continuità con Le chiavi di casa che definisce invece la più semplice.
Passa da Vento d’estate con le sue armonie malinconiche a Il negozio di antiquariato, solo pianoforte e voce, una piccola meraviglia capace di far perdere la percezione di tempo e spazio. Durante Offeso regala una nuova concezione del battere la mani a tempo, insegnando al pubblico come non sia solamente una forma di omaggio ai musicisti ma la chiave per “imparare ad ascoltare l’altro e a capire che, andando insieme, conquista un effetto molto più potente di quello che si ottiene battendo le mani da soli”.
Poco prima della fine, precisa che il suo viaggio in Sicilia non termina a Zafferana: Niccolò Fabi invita tutti l’8 Agosto all’Indiegeno Fest di Marina di Patti (ME) rivelando involontariamente di essere il secret artist della serata. Chiudono il live Mela, cover di Bianco eseguita dallo stesso cantautore in compagnia di Niccolò Fabi, e Lontano da me, con la chitarra resonofonica protagonista insieme al suo autore di viaggi verso terre lontane.
Un bravo performer intrattiene il pubblico, diverte, incanta, emoziona e fa ballare. Ma chi, esibendosi, restituisce ogni singola immagine di vita passata, presente e futura, con il dolore, l’amore, i fallimenti, le vittorie e la morte, anche soltanto apparente, facendo prendere la mano del proprio compagno di “viaggio”, quella è un’altra storia. Questo è Nicolò Fabi.
SETLIST: Il giardiniere – Una somma di piccole cose – Filosofia agricola – Solo un uomo – La promessa – Non vale più – 10 Centimetri – Il sole è blu – Rosso – E non è – Ecco – Le chiavi di casa – Una mano sugli occhi – Il negozio di antiquariato – Una buona idea – Costruire – Vento d’estate – Offeso – Lasciarsi un giorno a Roma —ENCORE— Facciamo finta – Mela (Bianco cover) – Capelli – Lontano da me