Non ci speravamo più di poterli rivedere dal vivo i Nine Inch Nails. Trent Reznor era stato piuttosto chiaro in merito: metto la band in naftalina e mi dedico alle mie robe (per inciso: Oscar, collaborazioni da 10 e lode e vagonate di dollari). Quindi la notizia del nuovo tour – e addirittura quella di un nuovo album – l’avevamo appresa un po’ come la venuta del Messia. L’occasione è per l’Italia una ed una sola, a meno di una settimana dall’uscita ufficiale di “Hesitation Marks” (prevista per il 3 Settembre): Mediolanum Forum di Assago, probabilmente la location più consona del Paese per ospitare la band. Per questa prima data europea extra-festival dei NIN anche l’opener scelto è di tutto rispetto, ovvero i Tomahawk di Mike Patton. Chissà che si saranno detti nel backstage due come lui e Trent, personaggi fra i più influenti degli ultimi 20 anni di rock…
Alle 20.00 bollate, come da programma, i Tomahawk salgono sul palco. Patton in uno dei suoi completi sgargianti – bordeaux quello di questa sera – comincia da subito ad interagire col pubblico in un italiano (con vago accento campano) che definire ottimo è poco, riminiscenza dei suoi trascorsi nel nostro Paese: «Vi preghiamo di non fumare e… di non fare un cazzo» è l’annuncio con cui Mike dà inizio alla sua performance, prendendo chiaramente in giro i messaggi pre-registrati in diffusione all’interno del Forum. E’ God Hate The Coward, dal primo omonimo album della band, ad aprire le danze. Con Myday è chiaro, se mai fossero state necessarie delucidazioni, che l’uomo che vediamo sul palco non è uno qualsiasi, è un uomo che con la voce fa ciò che gli pare: urla, canta in falsetto, fa il growl, poi il crooner e infine la popstar, tutto all’interno dello stesso pezzo.
Un anfitrione a 360° che mette in piedi uno spettacolo nello spettacolo. E Patton lo sa perfettamente di non essere il primo che passa: «Siete molto gentili per un gruppo spalla», dirà con tono sarcastico rivolgendosi al pubblico che lo acclama. Fra un “minchia” e un “tutt’apposto”, passando per un italico “vaffanculo” al posto del natio “fuck”, Patton e i suoi Tomahawk (su cui spicca, come di consueto, il lavoro di Trevor Dunn al basso) snocciolano i loro 40 minuti di set senza soluzione di continuità. Sono freschi dell’ultimo “Oddfellows”, pubblicato proprio quest’anno, ma il nuovo album non è il principale protagonista della loro scaletta. «Forza Milan, forza Balotelli», queste le ultime parole di Patton prima di lasciare il palco. Stasera i rossoneri giocano il preliminare di Champions League e Mike a quanto pare segue il calcio.
Dopo poco più di venti minuti di cambio palco le luci all’interno del Forum sono ancore tutte accese: un uomo solo si presenta sul palco, si piazza al centro con un synth e fa partire le prime note. E’ Reznor, con la sua canottiera nera d’ordinanza e i suoi bicipiti da camionista che già da un bel po’ hanno preso il posto del fisico emaciato e malato di fine anni ’90. La nuovissima Copy Of A, così, apre il set dei Nine Inch Nails. Ad uno ad uno gli altri membri della band si accostano a Reznor, i bassi pulsano nelle tempie e nello sterno e il brano, già noto ai più (la rete fa miracoli), appare anche nella dimensione live uno dei più interessanti del nuovo “Hesitation Marks”. Le luci finalmente calano e sono ancora beat stordenti per un brano che non riconosciamo immediatamente: tocca a Sanctified, arrangiata in maniera un po’ differente rispetto a come la si ricordava.
Il trittico che segue dà la sferzata definitiva ai presenti, una bordata d’inaudita violenza sonora: l’ultimo singolo Came Back Haunted (dopo averla sentita dal vivo confermiamo che trattasi di un brano che nulla ha da invidiare ai grandi classici dei NIN), poi 1,000,000 e infine March Of The Pigs: il mosh sotto al palco si fa selvaggio, i giochi di luci a tratti risultano allucinanti e dopo appena cinque brani della scaletta si è già fradici di sudore e piuttosto provati. Ancora “The Downward Spiral” con Piggy e poi si passa dritti al capolavoro “The Fragile”: le note della strumentale The Frail rendono chiaro quale sarà il prossimo pezzo, ovvero The Wretched, uno di quei brani in cui Reznor appare più coinvolto, livido in volto, aggrappato all’asta del suo microfono come un uomo appeso al ciglio di un burrone.
Terrible Lie, neanche a dirlo, scatena la folla, anticipando una delle chicche della serata: è la volta di I’m Afraid Of Americans, brano a firma David Bowie realizzato proprio in collaborazione coi Nine Inch Nails. Per la hit Closer Reznor si posiziona difronte ad una telecamera piazzata su un treppiedi: canta a squarciagola mentre le immagini riprese vengono proiettate distorte sugli schermi alle spalle della band. C’è spazio per Gave Up, Help Me I Am In Hell e Me, I’m Not, brani tra i più presenti nelle setlist dei NIN, al contrario di Find My Way, altro più che convincente estratto dal nuovo album. Ancora beat elettronici a iosa, Reznor immobile al centro del palco con un occhio di bue puntato addosso nel buio generale.
The Warning viene subito prima di What If We Could?, presentata dallo stesso Reznor come una delle tracce scritte insieme ad Atticus Ross per la soundtrack di “The Girl With The Dragon Tattoo”. Con The Way Out Is Through è ancora “The Fragile”, a tracciare il solco per il gran finale del set: prima la distruzione di Wish e Survivalism, nel mezzo The Good Soldier e poi il binomio da “With Teeth” con Only e The Hand That Feeds, due di quei brani che nel 2005 segnarono la svolta patinata di Reznor.
Ma il gran finale è tutto per Head Like A Hole, Trent alcune strofe non le canta nemmeno lasciandole in pasto ad un pubblico famelico che non si fa pregare, per un brano datato 1989 che suona come fosse stato scritto ieri. Giù dal palco per una manciata di secondi, giusto il tempo di riprendere fiato. Il momento che segue è un qualcosa di a sé stante, come se non facesse parte del resto della setlist: ovviamente si tratta di Hurt, uno dei brani più sofferti mai composti da Reznor, eseguito in un surreale silenzio che avvolge il Forum, religiosamente in ascolto della liturgia reznoriana. Il finale perfetto – e consueto per i NIN – di una performance ancora una volta straordinaria.
A distanza di tantissimi anni dagli esordi, dopo un paio di album non convincenti al 100% e una molteplicità di altra roba su cui concentrarsi, Trent Reznor ha rimesso in piedi la sua creatura con una band di tutto rispetto (Robin Finck alla chitarra, Alessandro Cortini alle diavolerie, Ilan Rubin alla batteria e Josh Eustis al basso), forte di una presenza scenica e di una potenza strabordante difficili da eguagliare. Imprescindibile ancora oggi, lasciarselo scappare sarebbe stato un oltraggio.
SETLIST TOMAHAWK: God Hates A Coward – Mayday – Oddfellows – POP 1 – Rape This Day – I.O.U. – Flashback – Birdsong – South Paw – Capt. Midnight – Baby Let’s Play____ – Point and Click
SETLIST NINE INCH NAILS: Copy Of A – Sanctified – Came Back Haunted – 1,000,000 – March Of The Pigs – Piggy – The Frail – The Wretched – Terrible Lie – I’m Afraid Of Americans (David Bowie cover) – Closer – Gave Up – Help Me I Am In Hell – Me, I’m Not – Find My Way – The Warning – What If We Could? (“The Girl With The Dragon Tattoo” ost) – The Way Out Is Through – Wish – Survivalism – The Good Soldier – Only – The Hand That Feeds – Head Like A Hole —encore— Hurt