L’ultima volta che avevamo incrociato i Placebo era il Marzo del 2001, a Napoli. In pratica un’era glaciale fa, un’altra band, con all’attivo tre album bomba e una verve alternative pronunciatissima. Poi li abbiamo persi i Placebo, un po’ per colpa nostra ma anche un po’ per colpa loro, usciti con lavori decisamente non all’altezza degli esordi, salvo qualche consueto singolone buttato lì a scalare classifiche. Ma questo tour che Brian Molko e i suoi stanno affrontando è diverso, è il tour che celebra il ventennale della band, supportato dal relativo greatest hits appena licenziato. Una buona occasione per ripercorrere anche dal vivo la discografia dei Placebo e coglierne l’evoluzione (o involuzione, a seconda dei punti di vista).
Il tour non era certo partito nel migliore dei modi, col forfait dopo appena un paio di brani in Danimarca per non meglio precisati “problemi” accorsi a Molko, ma il Forum è comunque sold out, la tappa è unica per l’Italia e la cosa ha avuto un certo peso. Qualche minuto prima dell’orario fissato per l’inizio (le 21.00) le luci si spengono, i due schermi ai lati del palco si illuminano con due immagini di Leonard Cohen mentre quello centrale riporta la scritta “Leonard Cohen 1934-2016”, un omaggio sentito al songwriter canadese scomparso pochi giorni fa. Poi è la volta di Every You, Every Me, che non viene eseguita dal vivo dalla band ma di cui viene semplicemente proiettato il nuovo videoclip. L’inizio è comunque affidato a un altro dei pezzi da novanta del repertorio dei Placebo, Pure Morning, con l’intro allungato in modo da consentire a Molko di presentarsi per ultimo sul palco sotto gli applausi scroscianti del pubblico.
La setlist è standard, identica alle tappe finora affrontate dai Placebo: ci sono puntate più recenti con Loud Like Love, l’ultimo singolo Jesus’ Son, Soulmates, Lazarus, etc. ma anche passi indietro come Special Needs, estratta da “Sleeping With Ghosts” del 2003 e forse ultimo brano in linea con la vecchia produzione della band, I Know che risale all’omonimo esordio del ’96, oppure il singolo del 2004 Twenty Years, durante il quale il fanclub italiano dei Placebo distribuisce fogli A4 da esporre con su scritto “Twenty Years Of Soulmates”. L’altro momento commemorativo della serata arriva con Without You I’m Nothing: alle spalle della band scorrono immagini della collaborazione dell’allora trio con David Bowie, il brano è struggente come sempre e Molko al termine alza gli occhi al cielo e sussurra in italiano “grazie David”.
C’è la 36 Degrees rallentata rifatta appositamente per la raccolta “A Place For Us To Dream”, poi una Lady Of The Flowers particolarmente “interpretata” da Molko, al termine della quale si rivolge al pubblico dicendo che è arrivato il momento di smetterla con la malinconia e fare un po’ di festa insieme: For What It’s Worth, Slave To The Wage, Special K, Song To Say Goodbye e la The Bitter End che chiude il set sono effettivamente la botta più potente della serata, con un paio di capannelli di persone che scatenano un pogo da bei tempi andati.
Nell’encore i Placebo si rifanno sotto con un’altra slow version, stavolta Teenage Angst, poi quella Nancy Boy incentrata sul tema della bisessualità e della confusione sessuale: Stefan Olsdal imbraccia un basso arcobaleno, lo tiene alto sopra la testa e ricorda alla platea che ciascuno deve sentirsi sempre libero di essere ciò che è. Chiude il bis un’ottima esecuzione di Infra-Red, decisamente più ficcante e meno patinata che su disco. Al secondo rientro sul palco c’è spazio per la sola Running Up That Hill, meravigliosa cover di Kate Bush ormai a pieno titolo nel repertorio dei Placebo. Il pezzo finisce, Olsdal scende giù al livello delle transenne e stringe le mani di chi è nelle prime file, Molko resta sul palco a gestire la sua chitarra in feedback ma poi si concede anch’egli al calore del pubblico facendo lo stesso percorso del compagno.
Il “compleanno” dei Placebo trascorre così persino meglio di quanto ci si attendesse, la setlist amalgama discretamente bene vecchio e nuovo e Molko si dimostra particolarmente in forma, loquace, polemico come in gioventù ma non per questo aggressivo: parla dell’importanza dell’acqua nel mondo, della “supermoon” della sera prima e punzecchia quella parte di pubblico che “ha deciso di godersi lo show dallo schermo del telefono”. Ma ormai è un frontman maturo Brian… a Napoli, quindici anni fa, il concerto lo aveva persino interrotto per colpa di una telecamera che faceva capolino in mezzo al pubblico…
SETLIST: Pure Morning – Loud Like Love – Jesus’ Son – Soulmates – Special Needs – Lazarus – Too Many Friends – Twenty Years – I Know – Devil In The Details – Space Monkey – Exit Wounds – Protect Me From What I Want – Without You I’m Nothing – 36 Degrees (slow version) – Lady Of The Flowers – For What It’s Worth – Slave To The Wage – Special K – Song To Say Goodbye – The Bitter End —ENCORE— Teenage Angst (slow version) – Nancy Boy – Infra-Red —ENCORE 2— Running Up That Hill (Kate Bush cover)