Tutto nella magliettina di Sune Rose Wagner: strettissima e consumata con il logo sbilenco degli Atari Teenage Riot, band berlinese che frullava techno, punk, protesta e un’ambizione indie inossidabile. I Raveonettes da Copenaghen amano il passato sonoro, i loro concerti sono così la scusa per svuotare la scatola dei vinili soprattutto quelli che riguardano il periodo shoegaze della metà degli anni ’80 (anche se il loro nome riporta fino ai Cinquanta del brano rock ‘n roll “Rave On” di Buddy Holly). Ed è questo il loro fascino. Perché suonare come suonavano gli scozzesi Jesus And Mary Chain quando licenziavano album come Psychocandy (era l’85) o innaffiare di feedback appuntiti come il ghiaccio bollente degli irish My Bloody Valentine è difficile anzi impossibile, ma farlo dalla Danimarca aggiungendo la propria dose di inquietudine moderna è da grande band. Ai Mercati Generali per Suburban Live Set i Raveonettes hanno portato molti pezzi dell’ultimo disco Lust Lust Lust. Un album minimale, elettrico allo sfinimento con il canto a duo di Sune e Sharin Foo a non divorziare mai. A Catania la prima novità che i giovanissimi fan dei danesi scorgono sul palco è l’assenza (causa gravidanza in corso) della biondissima bassista. Al suo posto a “fare” come lei c’è la sorella Louise (già nei Ohmarymary), stessa frangia bionda, stessa voce glaciale, stesso feeling. Dunque nessun trauma. Poi ancora Lisbeth Fritze (chitarra) e Leah Shapiro (batteria). Ma certo si può dire che è dalle mani di Sune che dipende tutto il suono della band. Wagner pare avvitarsi attorno alla sua chitarra quando suona. Ha due gambe come due sigarette, una pettinatura vaporosa ed il completo nero a mostrare il suo fisico androgino (e anche un po’ rachitico). Dalla sua sei corde partono le onde noise, ma anche gli accordi che strizzano l’occhio agli anni ’60, e a un non-so-che di reminiscenza surf. E certo, come già detto, il pozzo da cui il cantante/chitarrista attinge maggiormente è quello del Regno Unito che fu. Quello de “i crisantemi al funerale del punk”, dei testi amore/morte, del rumore come concetto, dei feedback insistenti a squarciare in due lo stage. Ed è un bel ripasso di new wave un concerto dei Raveonettes. Un rumore di pioggia continuo, penetrante. Chi si ricorda “Happy when it rains” dei fratelli Reid?
A cura di Riccardo Marra