Si respira un’aria strana, fuori e dentro il Forum. E non è per la sola presenza di Roger Waters. Quella di stasera è la prima di tre serate nel palazzetto di Assago nonché di una serie di live capitati in un periodo storico strano, tanto per il pubblico quanto per lo stesso Waters. Le critiche feroci e le prese di posizione portate all’estremo di stampa e alcune istituzioni europee, fanno di lui uno degli artisti più influenti e controversi del nostro tempo. Anche se, ad essere sinceri, di controverso dovrebbe esserci ben poco, ma tant’è.
Al centro, il palco è nero come tutta la struttura che lo circonda, una sorta di enorme croce in rilievo. Neanche il tempo di domandarsi come sarà l’impatto della scenografia tra il pubblico che l’aria si appesantisce: Comfortably Numb avvolge tutto, mentre sullo schermo scorrono immagini che sembrano raccontare un’alienata transumanza: figure umane sfocate lasciano una città bombardata, distrutta. La croce si apre e appare Waters: The Happiest Days Of Our Life e i due capitoli di Another Brick In The Wall aprono le porte a qualcosa che somiglia più a un atto sociale che a uno spettacolo.
Al centro di tutto ci sono solo persone e diritti umani. The Powers That Be, The Bravery Of Being Out Of Range e Have A Cygar mostrano i buoni e i cattivi, i civili e i criminali di guerra attraverso volti e nomi dentro una lista interminabile di morti per mano di polizia e di presidenti mentecatti. Déjà Vu è riservata alla difesa di Julian Assange, colpevole di aver diffuso il “Collateral Murder”, un video che riprende un elicottero americano mentre apre il fuoco sui civili a Baghdad. Quello di Waters è un atto non del tutto scevro da contraddizioni, si pensi a Wish You Were Here e Shine On You Crazy Diamond, immortali per loro stessa natura, intervallate da immagini di Barret e sottotitoli che raccontano di un rapporto un po’ romanzato.
Pecore e maiali sorvolano le teste del pubblico durante Sheep e Money come simboli della cecità e avidità sociale. Non c’è distensione, Waters non è un artista con una scaletta da intrattenimento. I martelli marcianti di “The Wall” e le bandiere srotolate lungo tutto il perimetro del palco aprono le porte del regime totalitario di Waters: è il turno di In The Flesh e Run Like Hell. Si è avvolti in un’atmosfera pesante e paranoica che continua per tutta la durata del live fino all’arrivo di Us And Them, Brain Damage ed Eclipse che accompagnano lentamente la chiusura, affidata ad Outside The Wall.
Comunque la si pensi, da qualsiasi parte si stia, assistere a un’esibizione dal vivo di Roger Waters ha un valore storico culturale paragonabile a pochissimi altri, forse nessun altro. E naturalmente ha ragione lui, perché come avvertono le scritte sui led prima che il concerto inizi: se non vi piacciono le sue idee politiche potete andare affanculo al bar.