Nonostante sia giunta in questo 2014 al suo quarto lavoro in studio, Sharon Van Etten non aveva mai calcato i palchi italiani. Potremmo dire che, come spesso accade, anche stavolta siamo arrivati in ritardo ad apprezzare un determinato artista. Molto più probabilmente, invece, è l’altissimo livello raggiunto dalla songwriter americana col suo ultimo “Are We There” ad averne ampliato enormemente il pubblico di riferimento.
La tappa a La Salumeria della Musica di Milano è la terza – ed ultima – del suo mini tour italiano e l’attesa era anche per questa sera tanta, a maggior ragione dopo aver letto/sentito gli entusiastici resoconti degli appuntamenti di Bologna e Roma, tenutisi nei giorni precedenti.
La sala è piena – ma non lo diverrà mai del tutto – quando la chitarrista Marisa Anderson comincia alle 21.00 la sua performance: tra folk e blues, pochi fronzoli, zero parole e tanta tecnica per farsi apprezzare da un pubblico lì per roba di tutt’altro genere.
Alle 22.15 è la volta della protagonista della serata: come si era avuto modo di percepire durante il cambio palco, qualche problemino tecnico rende difficoltoso l’inizio del set di Sharon Van Etten, un po’ di volumi fuori posto e dei rumorini laddove non dovrebbero essercene. Il brano d’apertura, però, è talmente intenso da sopperire a qualsiasi mancanza: Afraid Of Nothing apre tanto il concerto quanto l’ultimo lavoro della Van Etten ed è subito magone. Inevitabilmente l’impatto dal vivo dei nuovi brani non può raggiungere quello del primissimo ascolto che ciascuno dei presenti ha dato al disco, anche perché Sharon esegue i pezzi con atteggiamento affatto dimesso. Per tutta la serata, infatti, sono battute e sorrisi (sul cibo italiano, sul vino, sui pantaloni che le stanno stretti dopo la lauta cena, etc.): storie passate quelle di “Are We There”, inutile piangerci ancora sopra.
Il nuovo album la fa da padrone, la Van Etten – in un elegantissimo total black – passa dalla chitarra acustica all’elettrica, sistema da sé una spia che non le va a genio, si piazza alle tastiere, presenta la sua band (tra tutti una doverosa menzione per Heather Woods Broderick, perfetta e costante spalla di Sharon praticamente in ogni brano) e ringrazia il tour manager per il supporto qui in Italia, dedicandogli persino una simpaticissima canzoncina a ritmo di reggae.
Il set scorre via senza particolari intoppi, c’è l’inedito I Don’t Want To Let You Down (che uscirà prossimamente come singolo) e c’è il consueto tuffo nel passato con Save Yourself, la demo Tell Me, Don’t Do It, Life Of His Own e Serpents. E c’è anche spazio per un omaggio a Lou Reed con la sua Perfect Day, eseguita da Sharon in solitario, accompagnata solo dalla sei corde elettrica. Ma è quando tocca a Your Love Is Killing Me che si percepisce in pieno il motivo per cui “Are We There” è considerato da tanti uno dei migliori lavori dell’anno: il brano è struggente, Sharon gorgheggia al microfono in preda a spasmi emotivi che appaiono tutto fuorché costruiti e sotto la frangetta nerissima che le copre gli occhi si scorgono comunque le palpebre strizzate.
I canonici novanta minuti sembrano così passare in un attimo, Sharon Van Etten conferma anche dal vivo la bontà del suo progetto, fatto di una voce fuori dal comune, di un’intensità più unica che rara e di un songwriting tanto semplice quanto significativo. Fortunatamente, almeno questa volta, abbiamo avuto il privilegio di poterla incrociare qui in Italia.
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SETLIST: Afraid To Dance – Taking Chances – Tarifa – Save Yourself – Break Me – I Don’t Want To Let You Down – Tell Me – Life Of His Own – Perfect Day (Lou Reed cover) – Don’t Do It – Your Love Is Killing Me —encore— I Know – Serpents