Ci sarebbe tanto, ma davvero tanto da parlare appena si pronuncia il nome Smashing Pumpkins. La più grande band rock degli anni ‘90, con una carriera bruscamente e assurdamente interrotta nel 2000. I due progetti successivi di Billy Corgan (gli Zwan e soprattutto il pessimo lavoro solista) semplicemente ridicoli se paragonati agli album dei “veri” Pumpkins. Poi la pseudo reunion, che, seppur discutibilissima per il sottoscritto e scandalosa per tanti fan, aveva degli aspetti positivi: il ritorno del buon vecchio Jimmy Chamberlin alla batteria, un album (“Zeitgeist”) non all’altezza ma comunque impreziosito da singoli che del tutto malvagi non erano, e soprattutto un tour pieno di vecchi brani in scaletta che aveva regalato emozioni insperate a tanti fan che per svariati motivi non avevano potuto assistere ad un live dei vecchi Smashing Pumpkins. Palesemente infelice con se stesso, Corgan riazzera nuovamente tutto, recidendo gli ultimi legami con i Pumpkins che furono: via Chamberlin e tutto il resto della band (rimane solo Jeff Schroeder), via nel nuovo disco qualsiasi speranza di ascoltare qualcosa di simile agli album degli anni ’90 (dico solo che, per quello che ho sentito finora, il precedente “Zeitgeist” rispetto al nuovo “Oceania” sembra “Mellon Collie and The Infinite Sadness”) e soprattutto – per la grande delusione dei presenti – via tanti brani memorabili cantati da Corgan nelle precedenti date italiane (febbraio 2008). “Mayonaise”, “Ava Adore”, “1979”, “The Everlasting Gaze”, “Stand Inside Your Love”, “Perfect”, “Today”: tutto scomparso e soprattutto non sostituito a dovere. Arrivo ad Assago alle 19 (benedetta metro, anche se con tariffe e orari serali demenziali) e con mia grande sorpresa riesco ancora a raggiungere le prime file, che al Forum sono recintate dal resto del parterre (scelta estremamente discutibile). Aprono la serata i Ringo Deathstarr, direttamente da Austin, città che dopo i Trail Of Dead sforna un’altra interessante band: i riferimenti allo shoegaze sono evidentissimi ed effettivamente i ragazzi ci sanno fare. Sul finire della loro esibizione i texani vengono raggiunti sul palco da Schroeder, riconosciuto da una minima parte dei presenti: momento imbarazzante, impossibile non pensare al fatto che James Iha avrebbe ricevuto una accoglienza ben diversa. Alle 21.15 circa, dopo 17 anni di attesa, sono finalmente a tu per tu col signor Corgan. Sul palco, oltre ai già citati Corgan e Schroeder, ci sono anche l’ennesima super gnocca al basso (Nicole Fiorentino) e tale Mike Byrne, classe 1990 (avete capito bene) a cui tocca l’ingrato compito di sostituire Chamberlin alla batteria. Avevo già dato una sbirciata alla scaletta di questo tour ed ero psicologicamente preparato a ciò che mi aspettava. Il live è aperto dalle nuove Quasar e Panopticon, e mi trovo sinceramente in difficoltà ad esprimere un parere: dico solo che tutto ciò che proviene dal nuovo album “Oceania” (parte del più ampio progetto “Teargarden By Kaleidyscope”) mi sembra una inutile e sconclusionata accozzaglia di suoni e melodie, incapaci di penetrare il cuore e le orecchie di chi le ascolta. D’altronde mi basta guardare ogni tanto gli sguardi degli altri spettatori durante il live per capire che purtroppo non sono l’unico ad avere questa sensazione. Preferisco non dilungarmi oltre sui nuovi brani, perchè nutro troppo affetto per Corgan per sparare impietosamente sulla croce rossa. Alle prime note della traccia numero tre del live – l’interminabile e splendida Starla – la serata diventa improvvisamente magica, il mio cuore e la mia mente tornano violentemente agli anni ’90. La vena compositiva di Corgan sembra essersi terribilmente esaurita, ma di certo non si può dire lo stesso del suo tocco alla chitarra e della sua voce, unica ed inconfondibile come ai vecchi tempi, ed ammetto che nel vederlo all’opera per la prima volta mi emoziono come un ragazzino. “Starla” proviene dalla raccolta di b-sides “Pisces Iscariot”, della quale vengono proposti ben quattro brani: sinceramente troppi. Come – ed in questo le nuove canzoni danno il colpo di grazia – sono fin troppi gli episodi acerbi della discografia Pumpkins ad essere presenti, tarpando le ali ad una serata altrimenti memorabile. Il problema è che – al di là del nuovo deludente album – Corgan non ha mai capito fino in fondo che a rendere grandi gli Smashing Pumpkins sono state le melodie dall’impatto diretto e devastante che hanno contraddistinto la carriera della band, e non certo le interminabili divagazioni strumentali presenti stasera in quantità industriale. A dare ossigeno alla serata durante la sua parte centrale sono – più che le chicche provenienti dai primi album – gli unici due brani (a parte il gran finale) estratti da quel capolavoro immortale che è “Mellon Collie and The Infinite Sadness”: Muzzle e Thru the Eyes of Ruby non saranno le migliori tracce di quel disco monumentale, ma sono comunque due gran belle canzoni che ricreano quella magia già assaporata durante “Starla”, una magia purtroppo intermittente nel corso del concerto. Per fortuna, la serata prende sul finire una piega decisamente positiva. Cherub Rock infiamma il Forum, ma è con la successiva Tonight,Tonight (ripescata durante queste ultime date del tour, i fan italiani ringraziano) che si raggiunge la tanto agognata apoteosi che si protrarrà fino alla fine. Non potrò mai scordare la faccia di Corgan durante le prime note di “Tonight,Tonight”: sembra assolutamente infastidito e rassegnato, probabilmente ferito dall’indifferenza per le sue nuove proposte musicali, sicuramente conscio del fatto che la gente è venuta qui esclusivamente per sentire capolavori come quelli suonati alla fine del concerto. Dopo la classica prima uscita di scena, il live si conclude con una tripletta memorabile: For Martha, Zero e Bullet With Butterfly Wings raddrizzano definitivamente la serata. Ogni incazzatura verso l’indisponenza di Corgan e le sue assurde scelte scompare quando le mie orecchie sentono la magica frase “T the World is a vampire”: impossibile rimanere indifferente, impossibile non saltare e urlare a squarciagola durante la canzone simbolo dei Pumpkins che chiude il concerto. Esco dal Forum dunque soddisfatto e visibilmente emozionato, ma al contempo ancor più incazzato con Corgan. Chiunque – tranne lui – si è accorto dello scempio perpetrato con lo scioglimento dei veri Smashing Pumpkins esattamente undici anni fa. E – al di là del fatto che sia stato sempre lui l’incontrastato leader – se dal 2000 in poi musicalmente non ne ha azzeccata una, dovrebbe riflettere sul fatto che l’ex amico fraterno James Iha non era evidentemente così inutile per gli equilibri della band. Con tante inutili reunion in giro, sperare non costa nulla.
SETLIST: Quasar – Panopticon – Starla – Geek U.S.A. – Muzzle – Lightning Strikes – Soma – Siva – Oceania – Frail and Bedazzled – Silverfuck – Pinwheels – Pale Horse – Thru the Eyes of Ruby – Cherub Rock – Tonight, Tonight —encore— For Martha – Zero – Bullet With Butterfly Wings
* Foto d’archivio
A cura di Karol Firrincieli