Non avevo mai avuto occasione di incrociare dal vivo Michael Gira e i suoi Swans. Ma leggendone e raccogliendo i racconti di chi, fra conoscenti e amici, me ne aveva parlato, i loro concerti sono sempre stati descritti come esperienze ai limiti, tanto dal punto di vista sonoro quanto fisico. A queste persone ho sempre fatto segno di “sì” con la testa, nutrendo però un certo scetticismo, non lo nego. Non per mancanza di fiducia ma perché certe cose bisogna tastarle di persona prima di comprenderne appieno la portata. Quindi, quale migliore occasione di questa data alle Officine Creative Ansaldo di Milano per mettere alla prova Gira e soci?
Ad aprire le tappe italiane degli Swans c’è il progetto Xiu Xiu. Jamie Stewart sale sul palco alle 21.00 bollate, neanche un minutino di ritardo sulla tabella di marcia prevista. Si piazza su una sedia al centro, da solo, e comincia a salmodiare. La location è già abbastanza piena e, complice la posizione di Stewart, da metà sala in poi non si riesce neanche a vedere se c’è realmente qualcuno sul palco, tutto viene lasciato alla cognizione auditiva. La performance targata Xiu Xiu, sempre molto teatrale, si conclude dopo circa mezz’ora, a dire il vero senza particolari sussulti da parte di un pubblico piuttosto indifferente e attento più al bancone del bar che alla musica. Peccato.
Alle 22.05 ha inizio il massacro: la banda di sei assassini dei timpani che ultimamente gira il mondo col nome Swans parte in modo soft, giusto qualche minuto di riscaldamento. Poi si entra definitivamente e irrimediabilmente in una catastrofe drone senza alcuna possibile via d’uscita. Da qui – e per quasi tre ore consecutive, senza neanche una minima interruzione – la cosa che rileva maggiormente non è tanto la musica in sé: in primis perché ci sarebbe anche da discutere sul concetto stesso di “musica” applicato a una performance come quella degli Swans; e in secondo luogo perché sono le reazioni del pubblico a descrivere al meglio ciò che accade.
Mentre i due assassini dei timpani alle due batterie, rispettivamente Jack Lo Squartatore (Thor Harris) e Freddy Krueger (Phil Puleo), fanno rimbombare gli sterni dei presenti, Michael Gira dirige l’orchestra Swans, con la sua chitarra, ovviamente, ma anche con la gestualità delle mani e il suo muoversi convulso sul palco. Salti, grida, emissione di versi e sputi in aria che ricadono chissà dove (ma basta avere qualche piccolo cenno di fisica per immaginarli tutti lì, sulla sua testa). Per la prima ora e mezza si entra quasi in una dimensione parallela, il tempo scorre inesorabile ma la percezione sensoriale è quella di immobilità, di straniamento, di totale rimbambimento.
Al giro di boa del concerto la situazione comincia a farsi annichilente. Scorgiamo più di qualcuno che s’allontana dalle prime file con dipinta in volto la devastazione. Qualcun altro s’accascia in ginocchio per svariati minuti tappandosi le orecchie con gli indici (tu che stai leggendo, sai che stiamo parlando di te, come stai? Ti sei ripreso? Ci hai fatti preoccupare, sai? Rassicuraci con un commento qui sotto). Qualche altro ancora, invece, che ad inizio concerto era sorridente e galvanizzato, adesso non può più fare a meno di storcere gli occhi e la bocca in una maschera di sofferenza dettata dal noise a volumi strabordanti degli Swans.
Alla fine di tutto, le orecchie fischiano più di un capostazione in Centrale all’ora di punta e la sensazione generale è quella di aver avuto a che fare per tre ore col Sergente Hartman che ti urla dietro i peggiori insulti mentre Alex DeLarge ti fracassa a furia di pedate. Michael Gira e la sua band dimostrano dal vivo una potenza distruttiva che per un signore di quasi sessant’anni è più unica che rara. Resta davvero da chiedersi come faccia a reggere un intero tour a questi ritmi, quando a noi è bastato un solo concerto per ridurci allo stremo. Conoscenti e amici: avevate ragione.
SETLIST: To Be King – Mother of the World – Screen Shot – Coward – She Loves Us – Nathalie – The Seer – Toussaint Louverture Song – Oxygen