Dell’I-Days Festival tanto si parlò l’anno scorso, nel bene e nel male: grandi nomi, alcuni concerti memorabili (Radiohead su tutti) ma anche molte problematiche di natura logistica che lasciarono parecchi strascichi polemici tra gli appassionati. Ovvia era dunque la curiosità per il cambio di location, con il parco di Monza sostituito dalla più funzionale area Expo di Rho. Trattandosi di uno spazio che ha già ospitato un evento enorme come Expo, era facile aspettarsi un’area già collaudata ed effettivamente i miglioramenti rispetto a Monza sono davvero notevoli, a cominciare dalla mobilità: quest’anno l’I-Days si raggiunge comodamente in metro o treno e non mancano neanche i parcheggi, con l’autostrada nelle vicinanze.
È vero, c’è tanto da camminare all’interno, ma una volta arrivati le belle sorprese non mancano: per essere a un festival i servizi igienici sono di prim’ordine (grazie alla gentile eredità di Expo di bagni chimici neanche l’ombra), ma a colpire in positivo è soprattutto l’area concerti. L’Open Air Theatre è infatti tutto tranne che la classica spianata con il palco in fondo, visto che il parterre in cemento e in lieve pendenza, le gradinate laterali e l’eccellente acustica ne fanno un posto davvero ideale per concerti di medie dimensioni: il suo unico limite sta proprio nella capienza, non a caso nella seconda giornata del festival i Pearl Jam saranno ospitati in un’area più grande allestita ad hoc. Qualche grosso difetto a livello organizzativo rimane (i token, con l’assurda consumazione minima obbligatoria di 15 Euro, i pochissimi punti dove poter mangiare con relative file bibliche) ma rispetto all’anno scorso i miglioramenti si vedono tutti.
Venendo all’aspetto musicale, questa prima giornata presentava un cartellone abbastanza omogeneo, orientato sicuramente verso le sonorità brit. Ad aprire sono i volenterosi Slydigs, perfetti sparring partner di giornata: la band di Manchester è priva di fantasia ma risulta tutto sommato piacevole, capace di scaldare (qualora ce ne fosse bisogno, vista la temperatura) i primi spettatori arrivati. Alle 18:00 si comincia però a fare sul serio: sale sul palco un pezzo di storia della musica degli anni ’90, ovvero Sir Richard Ashcroft da Wigan. Che la sua toccata e fuga in terra lombarda sarebbe stata minimale lo si era già capito dalla totale assenza di materiale dell’ex Verve nell’area merchandising: Ashcroft sale infatti sul palco da solo, accompagnato soltanto dalla sua immancabile chitarra. Essendo l’I-Days un festival di grandi dimensioni, per molti altri artisti una scelta del genere sarebbe stata azzardata e perdente: il già leader dei Verve (davvero curioso il suo look con maglietta Ferrari e giacca glitterata) invece vince alla grande la sfida. Carisma da vendere, uno straordinario repertorio e una voce che non conosce minimamente i segni del tempo: sono questi gli ingredienti della ricetta vincente di Ashcroft, che alterna brillantemente brani nuovi (la toccante Hold On) a super classici come Lucky Man e Bitter Sweet Symphony. Il nuovo album – parole sue – dovrebbe uscire a Ottobre e noi speriamo di rivederlo presto in Italia con una band al gran completo.
Alle 19:30 ci si sposta da Wigan a Manchester: è la volta di Liam Gallagher, che resiste stoicamente in parka per tutta l’esibizione nonostante il caldo cocente. Il live è di prim’ordine: Gallagher conferma la nostra impressione di qualche tempo fa, ovvero quella che lo vede in questa nuova veste solista più a suo agio in contesti più grandi rispetto al classico club. Nonostante sia di poche parole, la chimica con il pubblico (davvero numeroso, giunto principalmente per lui e non per gli headliner di giornata) è totale. I momenti degni di nota del live sono parecchi, ma vanno ricordate in particolar modo l’imperiale esecuzione di D’You Know What I Mean? dove la sua ottima band mostra i muscoli e Listen Up, b-side amatissima dai fan ripescata dopo vent’anni di oblio. Gallagher è promosso a pieni voti ed è davvero curioso pensare a questa reunion a distanza degli Oasis che si consumerà all’I-Days: dopo Liam, sabato il fratello Noel accompagnato da Gem Archer e Chris Sharrock, preceduto dai Ride di Andy Bell.
Alle 21:30 è la volta dei Killers, che, nonostante una carriera in netto calo per quanto riguarda gli ultimi lavori in studio, non conoscono crisi in quanto a popolarità e presenze nei festival di mezzo mondo. La strada Brandon Flowers l’ha tracciata ormai dieci anni fa, quando decise – dopo due album eccellenti – di virare verso sonorità più commerciali, melodie facilmente assimilabili e dal consumo facile. Il live ne risente e più volte l’emozione fa spazio all’intrattenimento puro. I Killers però sanno suonare, Flowers si fa aiutare da un eccellente trio di coriste e le scenografie (a proposito di intrattenimento…) sono davvero notevoli. A farla da padrone sono ovviamente le canzoni dei primi due album, Hot Fuss e Sam’s Town: ma se All These Things That I’ve Done è suonata in modo sinceramente straordinario, non si può dire certo lo stesso della meravigliosa When You Were Young, rovinata da un’esecuzione fin troppo rapida. Cala il sipario sulla prima giornata dell’I-Days: potrà piacere o meno, ma la costante crescita di un festival del genere non può che far bene al panorama musicale italiano, sempre avaro di eventi di questo tipo.