“Shaking The Habitual”, ossia quando un live show non è un concerto. C’era il sentore che i Knife l’avrebbero fatta grossa stavolta. Avevano diramato proclami, diffuso un manifesto à la Marinetti, persino rilasciato eccezionalmente qualche intervista. D’altronde con un album come quello da poco pubblicato una spiegazione ce la dovevano pure concedere. Un lavoro fuori di testa, dichiaratamente sovversivo. Un signor ritorno, eh. Studiato a regola d’arte per dirci che è arrivato il momento di scuotere questo insensato mondo in cui viviamo. La sua routine, le sue norme, i suoi rituali.
Da qui a destrutturare il concetto stesso di live, il passo è breve. Oserei dire inevitabile. Tali i presupposti e, se l’Alcatraz è esaurito, si può ben immaginare che in tanti abbiano recepito il messaggio. Convinti della genialità piuttosto che della follia del duo, poco importa. Essere pronti a tutto basta e avanza. Comincia così, coi riflettori accesi sul palco laterale: un tizio, un po’ sciamano dell’Amazzonia profonda un po’ personal trainer, invita con la sua vocetta stridula a scatenarsi, a sudare, a rispondere ai suoi assurdi cori a ritmo di musica. E’ solo il supporter, ma è già incredibile. Pochi minuti ancora ed eccolo, lo spettacolo.
Sul palco grande un numero imprecisato di incappucciati – di sicuro gran maestri del culto delle Paillettes – alle prese con strambi strumenti a percussione, un’arpa fluo, una specie di piramide bislunga sdraiata e altri giocattoli avveniristici. Tutti di sobrissimi colori, da far impallidire la disco dei tempi d’oro. A Cherry On Top, per cominciare distorti. Karin attacca defilata e, con le luci impertinenti e i musicisti scalmanati a catalizzare gli sguardi, è persino difficile capire da dove stia intonando il suo canto. Il palco è una giungla, non il confortevole salotto urbano che ci si aspetterebbe per un qualunque duo elettronico. Qualunque tranne questo.
Neanche il tempo di capirci qualcosa che è già la rivoluzione. Without You My Life Would Be Boring: gli strumenti vengono spostati fuoriscena dagli artisti stessi, i mantelli cadono, i volti si rivelano. Tutto si muove, tutti si muovono. Un attimo e quelli che fino al secondo precedente sembravano musicisti iniziano a vorticare in un ballo concitato. Niente di improvvisato, beninteso. E’ una danza vera, eseguita da ballerini professionisti, più i due poliedrici Coltelli. La musica, tra pezzi del nuovo e dei precedenti lavori, procede preregistrata adesso, ma chissenefrega: questo è uno spettacolo, non la pedissequa esecuzione dal vivo di brani che si possono trovare, in tutta la loro compiutezza, su album.
Ed è persino inutile dibattere se il live possa arricchire ulteriormente l’esperienza sonora, dal momento che si sta parlando di una musica, quella dell’ultimo progetto in particolar modo, che è frutto di una paziente, minuziosa opera di progettazione dai connotati quasi ingegneristici. Ed è appunto in virtù di questa sua complessità, di questo suo estremo grado di elaborazione che l’esperienza è da ritenersi in sé conclusa all’atto della registrazione. Definita ed immodificabile, pena la perdita della scientificità che ne costituisce le fondamenta.
Qui, ora, è perciò giusto proporre altro, mostrare che la musica può essere altrimenti esibita, senza per questo mancare d’intensità, di vita. E cosa meglio di uno show in cui i punti di riferimento convenzionali vengono meno ed è quindi davvero possibile creare qualcosa di nuovo e, di più, addirittura condividerlo con un pubblico che si suppone ben disposto, ricettivo, desideroso di lasciarsi stupire? Ecco dunque musicisti che ballano e ballerini che fanno musica, tutti con la voce di Karin, tutti con le mani di Olof. Studiata confusione, giocosa e trascinante.
Impossibile rimanere inchiodati al suolo, indifferenti. Bisogna scuotersi di dosso lo smarrimento e lasciare che gli elettro-Scandinavi conducano le danze, ci scortino nel loro mondo bizzarro, surreale, però confortevole. E continuare a ballare anche quando il palco rimane vuoto ed è solo la musica ad accompagnare gradualmente il pubblico, divenuto protagonista, al finale. E allora ci si ritroverà appagati, sazi di una stravagante bellezza. Una pazzia, certo, ma dai Fratelli Coltelli c’era da aspettarselo.
SETLIST: A Cherry On Top – Raging Lung – Bird – Without You My Life Would Be Boring – A Tooth For An Eye – One Hit – Networking – Wrap Your Arms Around Me – Ready To Lose – Got 2 Let U – Full Of Fire – Stay Out Here – Silent Shout