Capita spesso di storcere il naso quando vediamo il calendario di band a noi care in località e giorni improbabili. Così non è stato ieri sera, con gli inglesi The Subways che hanno suonato (di sabato sera, per l’appunto) in un club storico come il Legend Club di Milano, prima di replicare oggi in una location altrettanto significativa come il New Age Club di Roncade (TV), a conclusione della parte italiana del loro tour europeo a sostegno dell’ultimo album “Uncertain Joys”. C’eravamo già trovati bene al Legend Club e non possiamo che confermare le impressioni più che positive di questo locale dalla programmazione prevalentemente punk e metal (ma con importanti puntate verso l’indie rock): la location è raccolta ma non angusta, la climatizzazione della sala è una grandissima cosa, la birra ha prezzi umani (non scontato, a Milano) e – last but not least – stasera le band entrano in scena con la puntualità di un treno svizzero, cosa apprezzabilissima in una città dove si rischia di perdere l’ultima corsa della metro a causa di un concerto iniziato tardi.
A precedere i The Subways ci sono due nomi italiani: Fernandhell, progetto musicale di Livio Montarese (già membro dei Peawees nonché promoter di Hub Music Factory), e i Viboras, storica punk band brianzola. Riusciamo ad ascoltare solo i secondi, che ci fanno davvero un’eccellente impressione: grande coesione sul palco (frutto di una carriera ormai ventennale), indubbie capacità tecniche, con Irene (la frontwoman) che spicca per carisma, con un timbro vocale parecchio simile a quello di Brody Dalle (e per noi non è certo un difetto). Dopo i Viboras (che concludono con una brillante cover di Plastic Bertrandt, la celeberrima “Ça plane pour moui”, ovviamente rivisitata in chiave punk) è la volta dei The Subways, che salgono sul palco sulle note di “Chariots Of Fire” di Vangelis.
La band inglese (anche per loro vent’anni di carriera) ha cambiato formazione, con lo storico batterista Josh Morgan che ha lasciato un paio d’anni fa per motivi personali, sostituito da Camille Philips. Sono comunque Billy Lunn (chitarra) e Charlotte Cooper (basso) a rubare totalmente la scena, con la loro fantastica alternanza al canto e un indubbio affiatamento complessivo. L’inizio è di quelli impetuosi, con un uno-due (Oh Yeah, Black Wax) davvero micidiale. Non mancano brani dalla vena spiccatamente più melodica (Taking All The Blame, la nuova You Kill My Cool, Mary), pezzi brillantemente indie ( I Want To Hear What You Have Got To Say), ma l’anima del concerto rimane prevalentemente punk, con una serie di gioiose rasoiate (Kalifornia, Turnaround) che ci guidano verso il gran finale: parliamo ovviamente di Rock & Roll Queen, iconico capolavoro della band, che spicca in modo netto rispetto al resto della (comunque dignitosissima) discografia degli inglesi.
Nella seconda parte del live la voce di un generosissimo Billy Lunn inizia però a mostrare qualche limite: a presentare le varie canzoni allora ci pensa giustamente Charlotte, mentre il chitarrista/cantante sorseggia tra un brano e un altro del the caldo anziché la classica birra. Vengono tagliati due brani in scaletta per poter portare a casa la suddetta Rock & Roll Queen, che rappresenta come sempre un momento d’intensità straordinaria. Curiosità: il brano è cantato in piccola parte in italiano, visto che i ragazzi in pieno lockdown misero su un progetto folle, ovvero cantare il pezzo in questione in quasi tutte le lingue del mondo (su Spotify trovate le prove). Dopo uno strameritato stage diving, Billy fa cenno di riuscire a proseguire: la voce regge, ed è la volta di With You, una volta tanto messa a fine scaletta a causa degli eventi di cui sopra. Le luci si accendono e noi torniamo a casa soddisfatti, felici di avere ascoltato ed applaudito dei ragazzi realmente affiatati, sinceramente felici di quello che fanno e trasmettono al loro pubblico.