Nel 1978 gli Undertones componevano “Teenage Kicks”, da molti considerata la più grande canzone pop rock di sempre: il fatto che sia uno dei brani più coverizzati della storia, nonchè il pezzo preferito in assoluto da John Peel (il dj più importante di ogni tempo), avvalora l’ipotesi di essere davanti alla famosa canzone perfetta, sogno di ogni musicista. Eppure ci sono voluti ben 33 anni per ascoltare dal vivo questo brano in Italia: merito del Festival Beat di Salsomaggiore Terme, che ha scelto come headliner della diciannovesima edizione della rassegna proprio la band di Derry. Il contesto è davvero piacevole, con panini alla salamella in quantità industriale, fiumi di birra ed un gran numero di bancarelle vintage; inoltre i gruppi che aprono la serata (i tedeschi The Magnificient Brotherhood e i messicani Los Explosivos) sono sicuramente validi. Ma l’attesa di un pubblico estremamente eterogeneo (ma con lo stesso tipo di musica nel cuore) è tutta per la band dei fratelli O’Neill, che non lascia certo delusi i presenti. Orfani della loro voce storica Feargal Sharkey (nel frattempo diventato elemento di spicco dell’industria musicale britannica), gli Undertones si presentano con un nuovo cantante, Paul McLoone, che ha il grande merito di dominare la scena con il suo stile, senza volere imitare in alcun modo il suo illustre predecessore. Fin dalle prime battute del concerto, i nordirlandesi dimostrano di essere splendidamente coerenti con il loro credo musicale (una coerenza che merita solo stima e rispetto): nessuna canzone sfora i tre minuti, e l’esecuzione magistrale di brani che sono diventati autentici inni generazionali in Gran Bretagna e non solo (Get Over You, Jimmy Jimmy, There Goes Norman, oltre alla già citata Teenage Kicks) è esattamente quello che i presenti si aspettavano e desideravano da anni. Ma c’è di più: a differenza di quasi tutte le band di quell’epoca, gli Undertones – dopo la loro reunion datata 1999 – hanno continuato a pubblicare materiale musicale estremamente valido; è un vero piacere vedere come le nuove Thrill Me e Dig Yourself Deep tengano splendidamente la scena, e non si avvertano durante il concerto gli sbalzi qualitativi tipici di chi ha invece avuto un passato glorioso, ma ora compone musica di pessimo livello. Poco importa dunque se gli Undertones (insieme ai Buzzcocks) continuino ad essere circoscritti nel recinto del punk, anzichè essere (meritatamente) riconosciuti padri fondatori del britpop, alla pari di altri gruppi ben più celebri: le mode passano, chi è coerente con se stesso rimane sulla scena per decenni. E gli Undertones sono ancora qua. Mentre Vasco Rossi, citazione finale a parte, sembra abbia finalmente tolto il disturbo.
A cura di Karol Firrincieli