Si parla tanto di crisi dei live in Italia, di pubblico poco ricettivo e altre amenità. Se ne parla parecchio, poi capita che per la loro unica data italiana i The War On Drugs sfiorino il sold out in quello che è forse il club italiano più capiente, il milanese Fabrique. Sicuramente la giornata (un sabato di Novembre) aiuta, ma il dato rimane clamoroso e dovrebbe incoraggiare i promoter italiani a compiere scelte finalmente coraggiose, smettendo di concentrarsi soltanto su un usato garantito che ha sinceramente stufato. Ne va della reputazione della scena live italiana, ne va anche della maturazione del pubblico, ieri splendidamente partecipe e composto (niente atmosfere fastidiose da aperitivo, per intenderci).
Aprono la serata gli apprezzabili The Barr Brothers, band canadese in costante bilico tra blues e folk. Alle 21.30 in punto salgono come da programma sul palco i The War On Drugs e l’attenzione è tutta per il padre-padrone Adam Granduciel, comunque coadiuvato splendidamente dal resto della band. Le nostre impressioni, quelle che abbiamo il piacere di trasmettervi, preferiamo stavolta elencarvele nude e crude:
#1 – I The War On Drugs non saranno il gruppo più innovativo della terra, ma mantengono un proprio, inconfondibile stile che merita la nostra assoluta fiducia. Fiducia ripagata;
#2 – Nonostante la loro musica parecchio riflessiva possa fare temere il contrario, Granduciel e i suoi dal vivo spaccano, diventando impressionanti quando premono sull’acceleratore, addirittura epici con le loro cavalcate finali. La presenza scenica di Granduciel impressiona nonostante non sia di certo un tipo estroverso: per lui parla la musica, solo quella;
#3 – I finali dei brani, dicevamo: ce ne sono alcuni (ci vengono in mente Baby Missiles e la più recente Nothing To Find), non esattamente memorabili su disco, che si trasformano dal vivo in esperienze stupefacenti: vorremmo non finissero mai. Ce ne sono poi altri eccellenti sia su album che dal vivo (Under The Pressure e Red Eyes, che mandano in delirio tutto il Fabrique), e ovviamente in quel caso si vince facile;
#4 – L’ultimo lavoro in studio della band (“A Deeper Understanding”, di quest’anno) pur contenendo alcune cose interessanti (la già citata Nothing To Find, Pain) in un ardito parallelismo ci ricorda il più recente disco degli Arcade Fire: album non da buttare, ma da una grande band ci si aspetterebbe sempre tanto. Dunque il livello del live a questo giro si abbassa inevitabilmente, e la cosa dispiace. Soprattutto perché – nonostante una setlist parecchio equilibrata – manca quello che è probabilmente il capolavoro assoluto della band, la meravigliosa “Disappearing”;
#5 – A costo di voler sembrare ottusi ai palati più fini, va detto chiaramente: quando i The War On Drugs mollano un po’ la presa la qualità scende. Il live ha alcuni momenti morti innegabili, che coincidono guarda caso con gli episodi più soft della serata (Buenos Aires Beach, Knocked Down);
#6 – Rispetto agli ultimi live viene rispolverata la springsteeniana Burning ed è una lietissima sorpresa: rimane però forse l’unico pezzo della setlist che – nella sua bellezza indiscussa – coinvolge meno dal vivo che su disco;
#7 – La serata milanese dei The War On Drugs merita comunque un voto altissimo, noi abbiamo già voglia di rivederli dal vivo: perché non provare a riportarli in Italia, magari la prossima estate?
SETLIST: In Chains – Baby Missiles – Pain – An Ocean In Between The Waves – Strangest Thing – Knocked Down – Nothing To Find – Buenos Aires Beach – Red Eyes – Thinking Of A Place – Holding On – Lost In The Dream – Under The Pressure – In Reverse —ENCORE— Burning – You Don’t Have To Go