Pochi sguardi dedicati dai This Will Destroy You al pubblico dell’Init di Roma. E, naturalmente, pochissime parole, anzi nessuna. Dunque “perfetti” post-rockers questi timidissimi texani di San Marcos, perfettamente coinvolti nel pathos strumentale che la scuola del “genere” (le virgolette sono d’obbligo) ha tramandato da dieci anni a questa parte. Ed esattamente in linea con i loro lavori così impregnati di passioni ad intermittenza, chiaroscuri, deflagrazioni elettriche con ritorni alla melanconia. E sarà la giovanissima età del quartetto, sarà che tutto sommato queste anti-rockstar riscuotono grande simpatia, sarà che durante l’esibizione elettroacustica dei Mom (gruppo spalla, anche loro sudisti) stavano in mezzo al pubblico ad ascoltare con interesse, sarà che Texas e post-rock ci rimandano, per forza di cose, ad un gran bel gruppo come gli Explosions In The Sky, ma la band ci mette poco a far muovere le teste delle prime file e a riempire la sala con ogni singola nota. Soprattutto, poi, perché l’inizio del live è affidato a quella A Three-Legged Workhorse che è una composizione magnifica, densa di umori cangianti. Nove minuti e oltre di languori sempre sinceri. I TWDY snocciolano lunghissime le composizioni di quel “s/t” che ha conquistato molti la scorsa primavera. E lo ha fatto con la semplicità del suono unita alle convincenti trame ed i cinematografici “script sonori”. Non c’è nulla di particolarmente rivoluzionario nel loro modo di concepire le suite, non aggiungono niente a quello che è stato già fatto in Scozia, in Canada o dai fratelli maggiori di Austin. Ma la loro pulizia è quella di una band che vuole raccontare una storia con i mezzi a loro disposizione e farla vibrare nell’aria. E non c’è molt’altro da aggiungere, non richiede verbosità il racconto di un loro concerto. I This Will Destroy You non amano particolari tentennamenti (come già detto), si curvano sugli strumenti e sui loro pezzi, fissano le scarpe come qualche loro più celebre predecessore e risparmiano il fiato anche per i saluti finali.
* Foto a cura di Carlotta Olivetto
A cura di Riccardo Marra