L’ultima volta che Thurston Moore s’era fatto vivo in Italia aveva da poco pubblicato “Demolished Thoughts”, un lavoro prettamente cantautorale che – pur mantenendo l’inconfondibile tocco chitarristico – lo piazzava nel bel mezzo di una nuova (per lui) dimensione, per lo più acustica. “The Best Day”, ultimo capitolo della sua discografia extra-Sonic Youth, è un album molto diverso dal predecessore e per certi versi più vicino alla gioventù sonica. Com’era prevedibile (data anche la corposa band al seguito) è lui il protagonista della data all’Alcatraz di Milano affrontata da Moore in quest’ultimo scorcio di 2014.
Il numero dei presenti è – dispiace dirlo – piuttosto esiguo, tanto che la grande sala dell’Alcatraz viene intelligentemente divisa in due per l’occasione. E’ dinoccolato l’ingresso in scena della band, in perfetto stile Moore. E’ cadenzato l’inizio di ciascun brano, nessuna fretta nel passare dall’uno all’altro, Thurston e i suoi si prendono tutto il tempo che occorre. Ma nell’esecuzione ogni pezzo è una bordata di riff. Le lunghissime Forevermore e Speak To The Wild aprono il set e svelano così la pasta di cui è fatto il nuovo disco.
Steve Shelley chiarisce come anche nei Sonic Youth il suo ruolo sia troppo spesso passato in secondo piano, dettando i tempi come Dio comanda. Della partita anche una regolarissima Debbie Googe che – messi (momentaneamente?) da parte i My Bloody Valentine – si dedica al basso e James Sedwards, che non sarà Lee Ranaldo ma si dimostra una validissima spalla per le avventure alla sei corde di Moore.
La setlist è interamente appanaggio di “The Best Day” con Germs Burn, poi Detonation, la “fucking” title track (così presentata da un particolarmente ironico Moore) e infine Grace Lake. I pezzi, già piuttosto lunghi su disco, vengono stiracchiati a più non posso dal vivo con un bel po’ di feedback e divagazioni varie ed eventuali, tanto che con appena sei tracce si esaurisce il set principale del live. Moore resta per tutto il tempo piazzato al suo posto, dietro ad un leggio (presumibilmente con i testi), allontanandosene solo per pochissimi attimi per indietreggiare di qualche passo giusto per avere più libertà di movimento alla chitarra.
Gli encore, invece, tornano indietro di quasi vent’anni, tornano a quello “Psychic Hearts” che nel 1995 segnò l’esordio in solitario di Thurston Moore: bisogna ammettere che il filo conduttore fra questi brani e i nuovi si sente eccome, acuendo ancor più il ruolo di intermezzo rivestito nel 2011 da “Demolished Thoughts”. Il Thurston Moore da poco orfano della sua creatura sonica, invece, fa capire di avere ancora tanta voglia di divertirsi con la sua chitarra e assistito dai compagni giusti (come gli attuali) non potrà che fare ancora bene.
SETLIST: Forevermore – Speak to the Wild – Germs Burn – Detonation – The Best Day – Grace Lake —encore 1— Pretty Bad —encore 2— Ono Soul