“Forse”. È questa la prima parola dell’ultimo disco dei Verdena, “Wow”. Il 29 aprile, a tre mesi di distanza dai due sold out d’inizio tour al Circolo Degli Artisti, i tre bergamaschi (con il nuovo membro Omid Jazi) ritornano nell’Urbe con un terzo concerto, e anche stavolta è tutto esaurito. Il pubblico ha sicuramente premiato i tre anni di silenzio che hanno portato a “Wow”, vissuti dai Verdena tra le mura dell’amato pollaio. Il concerto si apre con l’ariosa Scegli me, e Roberta Sammarelli trova già il modo di fare un po’ di headbanging (in senso non ortodosso), anche se il pezzo non lo richiede espressamente. Seguono Per Sbaglio e Rossella Roll Over, brani di “Wow” recepiti come se fossero usciti dieci anni fa, come classici. Un piccolo salto a “Solo un grande sasso” e “Requiem”, per tornare subito a tre brani di “Wow”, con Badea Blues, Nuova luce e la breve e grintosa Lui gareggia. Le nuove canzoni sono state ben presto apprezzate e assimilate; non è uno di quei concerti di Baglioni o Bob Dylan (o molti altri) in cui tutti vogliono ascoltare i pezzi vecchi e si deprimono quando la band attacca quelli del nuovo album. Si ritorna a Requiem, con le note di Caños e Muori Delay, per far cantare un po’ anche quegli amici che sono venuti senza grossa cognizione di causa. Si ripassa a “Wow” e la nuova luce del disco illumina, il gruppo sembra pronunciare più “grazie” del solito (non sono mai stati dei gran chiacchieroni), si suda sopra e sotto il palco e anche in quelle strane gallerie laterali che ricordano Macao di Alba Parietti. Razzi arpia inferno e fiamme è un po’ meno riuscita rispetto all’ipnotizzante versione studio, mentre vengono fuori assolutamente ineccepibili È solo lunedì e Miglioramento, il pezzo in cui il frontman racconta di essere stato gettato nel Po. Prima della pausa di rito c’è tempo per Valvonauta (ebbene sì) e per un fugace stage diving di Alberto sulle note di Isacco nucleare, sempre da “Requiem”, mentre Luca ci dà dentro e si smascella. Alberto torna sul palco e regala due strofe di Mother del mentore Lennon, che faranno da intro ai Sorrisi in spiaggia. C’è tempo anche per Non prendere l’acme, Eugenio, canzone che si apprezza a partire dal titolo floydiano e riuscita al meglio qui all’Atlantico: “In testa a Godzilla, tra le sue ciglia, non prendere l’acme! Se sei un hare krishna, ti meraviglierai”. Un accenno ai “Samurai”, l’unico in tutto il concerto, con il classico Luna e tutti a casa con l’ultima traccia, Lei disse, di quel disco che si era aperto urlando “forse” e che, invece, ci lascia senza perplessità. Si accendono le luci e s’inizia a lasciare la sala (sembra di uscire da un concerto dei System Of A Down, mi fa notare il mio amico, forse un po’ perplesso o, comunque, travolto da una fiumana di fan) mentre il congedo è affidato di nuovo a John Lennon, stavolta in stereo, con “Woman is the nigger of the world”. La richiesta del trio bergamasco è accontentata: un numero sempre crescente di ascoltatori ha scelto loro, e il sold out per i loro live è ormai quasi abitudine.
SETLIST: Scegli me – Per sbaglio – Rossella Roll Over – Nova – Il caos strisciante – Badea Blues – Nuova luce – Lui gareggia – Caños – Muori Delay – Castelli per aria – Canzone ostinata – Razzi arpia inferno e fiamme – Miglioramento – Le scarpe volanti – È solo lunedì – Valvonauta – Loniterp – Isacco nucleare —encore— Mother (cover di John Lennon) – Sorriso in spiaggia parte I e parte II – Luna – Non prendere l’acme, Eugenio – Lei disse.
* Foto a cura di Laura Bernardini
A cura di Gian Michele Pedicini