Ci sono gruppi, come i Verdena, che ad ogni mossa sono sotto costante esame. Succede dopo un progetto inusuale quanto pretenzioso come “Wow”, album doppio e di rottura rispetto ai precedenti, che abbandonava i muri di chitarre per passare agli esercizi di ricerca con il piano digitale accompagnato dai cori. Non che i Verdena diano l’impressione di sentire il peso di questo continuo esame, e se lo fanno rispondono con il loro fare noncurante e naif, oltre che con i buoni dischi.
Per “Endkadenz Vol. 1” questa volta la sede d’esame si sposta sul palco e le aspettative sono alimentate dai sold out delle prime tre date del tour e dall’attesa di sentire dal vivo un album complicato almeno quanto il precedente. Il pubblico di Milano tuttavia sembra pronto, come se l’attesa per l’esibizione fosse ben bilanciata dalla sicurezza di trovare qualcosa di familiare sul palco.
In apertura i Jennifer Gentle, antipasto d’eccezione e insieme perfetto primo piatto della serata che, regalando un’ora di vortici psichedelici e di continui cambi di tempo, quasi non fanno sentire il peso di ciò che li seguirà.
“Endkadenz” si apre dal vivo, come su disco, con Ho una fissa: il pubblico prende le misure, i Verdena anche, Roberta è l’unica dei tre a simulare un’interazione, come fosse portavoce di quei pochi attimi di razionalità che si consumano sul palco. Il suono è potentissimo e dall’ultimo lavoro si scivola dentro “Wow” (Loniterp, È solo Lunedì) con totale naturalezza, mentre il piano dà alle prime file i momenti di riposo necessario prima della nuova esplosione con Derek.
I Verdena sul palco sono come in ogni altra occasione: complicati, tormentati, comunicativi a tratti, ma allo stesso tempo premurosi verso un pubblico che li capisce e aspetta, come si ha pazienza verso le cose che ci sono familiari. E infatti parte Starless, a dare il via ad un continuo viaggio – da qui alla fine del concerto – tra presente e passato, ma anche tra momenti pacati e altri di perdita di controllo, come se fosse possibile creare un equilibrio tra elementi opposti.
A portare all’apice la frenesia di questa rincorsa è Inno del perdersi, potentissima e struggente da far piangere, il passaggio giusto per anticipare l’inaspettato: Valvonauta parte senza preavviso e tra le prime file sono solo urla complici ed enormi sorrisi di nostalgia. Non è però una celebrazione perfetta, infatti Muori Delay ha un attacco sbagliato ma è solo l’ennesimo episodio di uno spettacolo interrotto spesso e volentieri da un’autoironia un po’ impacciata: “Siamo troppo indie, vero?”. I Verdena non sono sicuramente disinvolti – Luca non riesce a prendere il tempo se il pubblico grida il suo nome – e forse un po’ imbarazzati, in primo luogo verso sé stessi se non riescono nell’esecuzione del loro tormento.
I pezzi regalati per l’encore di rito sono generosi: c’è ancora tempo per il passato con Luna, Ovunque e Don Calisto. “Endkadenz” dal vivo finisce con la sua naturale chiusura in Funeralus e, in questo viaggio lungo più di due ore, fatto di curve e frenate, dimostra di essere il ponte perfetto tra la potenza del passato e il presente, fatto di tentativi e ricerca. “Endkadenz” è stato anche dal vivo principalmente questo, un altro esperimento in corsa di cui i Verdena hanno condiviso anche l’intimità degli errori. E il pubblico è grato proprio per la possibilità di poter assistere alla continua ricerca della perfezione, che ogni tanto lascia spazio all’inquietudine.
SETLIST: Ho una fissa – Un po’ esageri – Sci desertico – Loniterp – Diluvio – Puzzle – È solo lunedì – Derek – Starless – Attonito – Lui gareggia – Caños – Castelli per aria – Trovami un modo semplice per uscirne – Inno del perdersi – Valvonauta – Vivere di conseguenza – Contro la ragione – Scegli me – Muori Delay – Rilievo —encore— Nevischio – Razzi arpia inferno e fiamme – Luna – Ovunque – Don Calisto – Funeralus