Alfieri della new wave revival che ha investito l’inizio del millennio, i newyorkesi Interpol sono riusciti con un esordio folgorante a imporsi come trait d’union fra la tradizione a stelle e strisce dei concittadini Television e quella made in UK dei Joy Division, dimostrando in modo efficiente come l’essere derivativi non debba rappresentare necessariamente un punto a sfavore. Paul Banks e i suoi, peraltro, dopo il suddetto esordio hanno dato la luce a lavori via via più personali che, virando verso territori diversi, ne hanno allargato esponenzialmente il pubblico e l’importanza nell’ambiente indie, nella moderna accezione del termine.
TURN ON THE BRIGHT LIGHTS (2002) – Il concept sta tutto nel titolo: luci e ombre, chiaroscuri tanto d’atmosfere quanto strumentali, sezione ritmica marcatamente wave e strati di chitarre che guardano a certo shoegaze, versante dreamy. E poi la voce di Banks che paga irrimediabilmente e romanticamente pegno al mentore Ian Curtis. Le mille luci di New York e i fumi di Manchester in un unico stupendo disco.
Brano consigliato: Leif Erikson – In breve: 4,5/5
ANTICS (2004) – Il sophomore della band dà inizio al processo di parziale allontanamento dalla new wave: l’attenzione è qui su ambientazioni meno cupe, su ritmi che spesso è possibile definire ballabili e su un’accessibilità anche lirica che suona più rock che new wave in senso stretto. Il cantato, molto meno malinconico rispetto all’esordio, si allinea anch’esso allo schiarimento musicale.
Brano consigliato: Not Even Jail – In breve: 3,5/5
OUR LOVE TO ADMIRE (2007) – Chi si aspettava dalla band una definitiva svolta resta deluso: questo è un album che, in sostanza, si attesta a metà strada fra i due predecessori senza scegliere da che parte stare, fra singoli catchy e aperture scurissime che rendono il tutto confusionario. Un lavoro un po’ a corto di vera ispirazione che ha nella sua varietà tanto il punto di forza quanto di debolezza.
Brano consigliato: Rest My Chemistry – In breve: 3/5
INTERPOL (2010) – Il quarto album è una sorpresa, se non in fatto di novità almeno per le conferme, leggasi la capacità della band di tessere tele scurissime, qui ai confini del dark addirittura più dell’esordio stesso. Non filtra alcuno spiraglio di luce e ciò rende il disco monocromatico ma, pur senza imprescindibili esplosioni o picchi qualitativi, l’ascolto è di quelli convincenti.
Brano consigliato: Summer Well – In breve: 3,5/5
EL PINTOR (2014) – Lavoro che più degli altri si avvicina alle atmosfere crepuscolari di inizio carriera, poggia le sue basi su rabbia, pessimismo e decadenza, col songwriting di Banks in grande spolvero e mai così espressivo. La sei corde ora liquida ora spigolosa e la consueta attentissima sezione ritmica, contribuiscono enormemente alla realizzazione dei climax marchio di fabbrica della band.
Brano consigliato: My Desire – In breve: 3,5/5