Nel 1991 i Massive Attack pubblicano “Blue Lines” e la critica si sbizzarrisce con le etichette. Vengono definiti trip hop, ovvero: pentolone fumante di soul, hip hop, elettronica, ambient, bassi dub, dark, sonorità dancefloor e suggestioni da viaggio (“trip”). Un ibrido nuovo di zecca che vide come base quella Bristol, in Inghilterra, che mai prima di allora era stata protagonista di particolari echi musicali. In un quartiere della città chiamato “Portishead” nacque l’altra grande formazione del trip hop: per l’appunto, i Portishead. Loro furono i fautori di una mistura suono/immagini davvero unica. L’architetto fu Geoff Barrow, tastierista e ricercatore di suoni, a cui si unirono la magnetica e gracile cantante Beth Gibbons ed il chitarrista jazz Adrian Utley. Suono/immagini si diceva: la musica dei Portishead è, infatti, colonne sonore manipolate, rivisitazioni di soundtrack di film noir, il tutto reinterpretato in chiave jazz. Ma non solo, si aggiungano al quadro archi, basi hip hop, scratch e sample di disco, sintetizzatori moog e diversi campionamenti di temi cinematografici, ecco che si arriva al sound elaborato dei Portishead.
DUMMY (1994)
Lavoro appassionante e mai frammentario, questo esordio della band può essere definito “un film lungo un album”. Nel disco, infatti, la musica è montata come se si trattasse dei fotogrammi di una stessa pellicola, ogni brano è una delle scene, incastrata a quella che la precede così come a quella che la segue. Il risultato è un album senza tempo che incastona la band nella leggenda.
Brano consigliato: Roads – In breve: 5/5
PORTISHEAD (1997)
Nell’omonimo secondo album la band però scompare, o meglio si nasconde sotto una grande quantità di effetti, variazioni, trame dilatate e alterazioni di voce. Il disco non riesce a ripetere l’efficacia dell’esordio, ma va guardato da un’angolazione diversa: il trip hop nato genere bastardo trova qui una sua dignitosa variante, segnata dalla contraddizione di se stessa.
Brano consigliato: Humming – In breve: 4/5
THIRD (2008)
Ritorno discografico della band, risente degli anni d’assenza e di un approccio meno esplosivo. Non c’è quasi nulla – se non il timbro della Gibbons – a imparentarlo alle due precedenti schegge del trip hop, un album di ballate scure, metropolitane, con qualche chitarra in più e qualche macchina in meno, il “Bristol sound” non esiste più ma, d’altronde, sono passati dieci anni.
Brano consigliato: Machine Gun – In breve: 4/5