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Slowdive

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Se i maestri My Bloody Valentine hanno rappresentato l’aspetto più originale e rivoluzionario dell’intero movimento shoegaze, agli Slowdive, invece, va riconosciuto il merito di averne mischiato le deflagranti progressioni alle sei corde con intrecci melodici più vicini a quelli dei Cocteau Twins e del loro dream pop. In questo senso, il songwriting trasognato e immaginifico di Neil Halstead e i flebili accompagnamenti vocali di Rachel Goswell erano più di un marchio di fabbrica già nei primissimi EP realizzati dalla band. Con i loro tre lavori pubblicati nella prima metà degli anni ’90, gli Slowdive hanno dato vita a una parabola sperimentale in continuo crescendo, alla ricerca di una formula perfetta cui sono andati parecchio vicini prima di dichiarare chiusa la propria esperienza (ripresa nel 2014 con la reunion che li ha portati nuovamente in tour).

JUST FOR A DAY (1991) – Tra gli esempi più fulgidi di shoegaze, quest’esordio sulla lunga distanza risulta ancor più estremo degli EP che lo precedono: un lungo e disarticolato gorgo strumentale in cui s’innestano le voci eteree di Halstead e Goswell, una sezione ritmica mai invadente e languidi incastri chitarristici. Echi, riverberi, punte di psichedelia e progressive per una devastante ed onirica malinconia.

Brano consigliato: Catch The Breeze – In breve: 5/5

SOUVLAKI (1993) – Lavoro meno visionario del precedente, fa esplodere definitivamente la vena melodica della band, senza per questo cedere il passo in quanto a potenza espressiva. Fra momenti interamente acustici, ballate estatiche e inserti elettronici (opera niente meno che di Brian Eno), le esplosioni si diradano quasi del tutto lasciando spazio a un incedere ancora più ipnotico e trasognato.

Brano consigliato: Alison – In breve: 4,5/5

PYGMALION (1995) – Praticamente un lavoro solista di Halstead, con la band che non lo segue più nelle sue divagazioni sperimentali, è un disco che si srotola attraverso lunghe trame ambientali e che in più punti tende a un post rock ancora in evoluzione. Solo un paio di episodi riprendono le linee guida dei predecessori, troppo poco “pop” per attecchire in un contesto che chiedeva altro.

Brano consigliato: J’s Heaven – In breve: 4/5

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