Tre album in tre anni. Ritmi altissimi di pubblicazioni per i 65daysofstatic, una delle migliori promesse del post-rock strumentale odierno. Se da una parte è spontaneo apprezzare un simile stakanovismo, dall’altra parte vien da pensare che una pausa di meditazione riguardo nuove idee da apportare alla propria musica, i 65daysofstatic potrebbero anche prendersela. L’iper-produttività rischia di far compiere passi falsi, cosa che The Destruction Of Small Ideas lo è almeno per una buona metà e forse più. Non si aggiunge nulla alla mescolanza, anzi, si tende a sottrarre quegli strati di elettronica che sono sempre stati il quid della formazione di Sheffield nata nel 2001. Si sacrifica quindi un elemento di portata rilevante, a discapito di componimenti già di per sé un po’ provati dalla mancanza di quella freschezza e di quella imprevedibilità che risiedevano nelle due precedenti release. Le nervose cavalcate dei nostri non fanno più tanta notizia e non stupiscono più, tanto necessitano di un rinnovato vigore che qui, in più frangenti, non si riesce proprio ad intercettare. Per inciso, non stiamo qui ad immolare la terza sortita del combo anglosassone sull’altare sacrificale tacciandolo di essere un qualcosa di brutto e nauseabondo. No, questo no. Ma di sicuro vi sono potenzialità che il gruppo non è riuscito ad esperire in questa sede. Licenziato come i suoi predecessori da Monotreme Records (etichetta che ha nel proprio roster gente come Picastro, Stinking Lizaveta, The Mass, Cerberous Shoal e Thee More Shallows tra gli altri), “The Destruction Of Small Ideas” ha una tracklist altalenante. I brani che dovrebbero colpire suonano plastici e statici (uhm…), difettando non poco in potenza nei passaggi più aperti e maestosi. Alcuni convincono ma sono in maniera parziale (The Conspiracy Of Seed, Music Is Music As Devices…, The Distant & Mechanised…). Altri non si capisce bene dove si stiano dirigendo (These Things You Can’t Unlearn, A Failsafe). Non si capisce altrettanto bene se la piattezza del processo dinamico sia da attribuirsi ad una produzione poco attenta ai moti ondosi delle composizioni o sia da addebitarsi più verosimilmente ad un problema di scrittura che, in certi momenti, pare palese. Mancano i riff incisivi, manca quella capacità espressiva di comunicare meravigliose sensazioni di libertà improvvisa che sboccia da malinconici giardini autunnali. Non tutto gira storto. Piace la delicata fragilità di una Don’t Go Down To Sorrow e di Lyonesse, segni tangibili di un aspetto molto importante: è nelle strutture in cui sale in cattedra il pianoforte che i 65daysofstatic appaiono più genuini e portatori di emozioni che vengono da dentro. Prova opaca vien da dire, non una catastrofe, ma nemmeno qualcosa che il four-piece inglese possa sbandierare in giro con estrema fierezza.
(2007, Monotreme)
01 When We Were Younger & Better
02 A Failsafe
03 Don’t Go Down To Sorrow
04 Wax Futures
05 These Things You Can’t Unlearn
06 Lyonesse
07 Music Is Music As Devices Are Kisses Of Everything
08 The Distant & Mechanised Glow Of Eastern European Dance Parties
09 Little Victories
10 Primer
11 White Peak / Dark Peak
12 The Conspiracy Of Seed
A cura di Marco Giarratana