Non è nostro compito ribadire la fondamentale importanza dei Pink Floyd e del loro primo vocalist Syd Barrett, irrequieto genio che aveva (fin troppo) schiuso le porte della propria percezione. E’ storia, chi non ne fosse al corrente è adesso il benvenuto sul Pianeta Terra. Non tutti però sanno che, oltre ad aver dato man forte al rock a tutto tondo, l’ascendenza proprio del compianto Syd è stata rilevante anche per un’ampia frangia di musicisti vicini alla poetica del metal. Dato che negli ultimi anni s’è registrato un aumento sensibile di formazioni che miscelano la possanza del metallo con l’hardcore e la psichedelia (principalmente), il quadro ed i presupposti per questo tributo che attinge tanto alla discografia dei primi Floyd quanto a quella solista di Barrett si concretizzano sotto i nostri occhi. Per questo tributo è stata selezionata la crema più pregiata del panorama post-core/sludge/alternative-rock. Basta buttare uno sguardo sulla tracklist per rendersene conto. Tra gli episodi migliori del lotto si segnalano sicuramente i sempre eccellenti Kylesa che danno forti tonalità sludge-core adInterstellar Overdrive, uno degli episodi più riusciti in assoluto; i Giant Squid diluiscono in un magma psichedelico Octopus, accompagnandone la fine con pachidermica gravità funerea. Agli Unearthly Trance tocca il compito di “melvinsizzare” con ottimi risultati Long Gone; Jane Jarboe, con la sua infinita classe, rende acquatica e vaporosa Late Night, quasi impalpabile nel suo languido incedere. See Emily Play è messa a ferro e fuoco dagli Zodiak, che ne conferiscono un taglio più alternative-rock; gli Yakuza aggravano i toni di Lucifer Sam, mentre gli Jesu generano intrecci d’eco in Chapter 24 ribadendo il loro stile fatto di slow-core/shoegaze ed accenni dream-pop. Pollice in su anche per gli Intronaut (tornati di recente in pista con l’ottimo disco “Prehistoricism”) e per l’interpretazione di Arnold Layne, leggermente appesantita ma nel contempo ben orchestrata. I Kosmos di Away, batterista dei Voivod, manipolano Vegetable Mancon una vaga attitudine space-metal e non sfigurano nemmeno gli Stinking Lizaveta che “stonerizzano” Matilda Mother. Gli storici Pentagram si avvicinano parecchio con estrema fedeltà alla matrice di Flaming, rischiando così di non aggiungere nulla, cosa che accade invece con la versione di Astronomy Dominedei Dredg, i quali lasciano davvero l’amaro in bocca praticamente con un copia/incolla dall’originale (era di tutt’altra pasta quella che fecero anni fai Voivod nell’epocale “Nothingface”). Facendo un bilancio non si può che essere pienamente soddisfatti dell’opera in questione, constatato anche il fatto che spesso e volentieri i tributi si risolvono in una sterile accozzaglia di canzoni con evidenti soluzioni di continuità. Il grande punto di forza di Like Black Holes In The Sky è la sua coerenza in tutta la durata e la qualità di buon livello delle versioni presentate, e vista l’enormità storica di Syd Barrett, trovarsi alle prese con le sue migliori composizioni avrebbe potuto portare, per queste band, anche a risultati ai limiti del fallimentare. Anche i più scettici potrebbero apprezzare questo bel gruzzolo di cover.
(2008, Dwell Records)
01 Vegetable Man (Kosmos)
02 Interstellar Overdrive (Kylesa)
03 Arnold Layne (Intronaut)
04 Matilda Mother (Stinking Lizaveta)
05 Late Night (Jarboe)
06 Flaming (Pentagram)
07 Octopus (Giant Squid)
08 Lucifer Sam (Yakuza)
09 Chapter 24 (Jesu)
10 Long Gone (Unearthly Trance)
11 Astronomy Domine (Dredg)
12 Rats (Circle)
13 See Emily Play (Zodiak)
A cura di Marco Giarratana