Quindicesimo album in studio dei redivivi AC/DC (o di quel che ne rimane), Rock Or Bust potrebbe rappresentare il culmine della carriera dei rocker australiani, recentemente orfani del chitarrista ritmico e colonna portante della band Malcolm Young (affetto ahimè da demenza senile) e del poco raccomandabile batterista Phil Rudd, invischiato in un groviglio criminale a dir poco inquietante. Esempio umano di “coerenza musicale”, gli AC/DC continuano l’opera iniziata nel 1975 con il disco “High Voltage” sfornando un lavoro che nulla aggiunge e nulla toglie alla peculiarità del suono che ha da sempre contraddistinto la band, contribuendo ad erigerli ad “alfieri dell’hard rock”.
E proprio l’hard rock vecchio stampo è un genere che alla lunga risulta per definizione ripetitivo e monotono: impossibile biasimare quell’ascoltatore che, una volta terminato il listening di “Rock Or Bust”, rimane quasi infastidito dalla troppa uniformità e dalla mancanza di diversivi e di varietà dei pezzi, dettata anche e soprattutto da un’omologazione dei bpm durante tutta la durata.
Rock Or Bust e Play Ball sono i due singoli che aprono il disco, entrambi usati esasperatamente in spot commerciali d’oltreoceano, nei quali la chitarra “diavoletto” del funambolico Angus Young si presenta in tutta la sua elettricità armonica, a testimonianza di come lo storico chitarrista solista appaia comunque ancora in grande forma. Il suono di Angus è curato nei minimi particolari e non viene mai snaturato, ripresentandosi in maniera quasi identica rispetto ai precedenti lavori, grazie ai magistrali artifici della produzione.
Rock The Blues Away e Dogs Of War rappresentano i pezzi forti del disco: il primo è una sorta di inno al rock’n’roll e alla vita che fu, mentre il secondo si articola in un riff di chitarra ottimamente suonato da Stevie Young, sul quale il buon Brian Johnson riesce a sviscerare tutto il suo appeal blues, seppur sorretto nel ritornello dagli onnipresenti cori epici.
La ricetta è sempre la stessa e a parte Got Some Rock & Roll Thunder e Rock The House il resto dei brani sembra quasi una raccolta di riempitivi, vedi evitabilissimi pezzi come Miss Adventure e Sweet Candy, nei quali viene fuori la ormai quasi totale mancanza di vena compositiva della quale la band paga irrimediabilmente il prezzo.
“Rock Or Bust” è sicuramente un prodotto che non entrerà nella storia della musica, ma andrà a completare la collezione di ogni fan della band di Young & soci, ai quali va dato il merito di essersi mantenuti sempre costanti e coerenti nelle scelte musicali e nell’aver condotto una vita lontana dagli eccessi della stereotipata vita delle rockstar, componendo quasi sempre lavori all’altezza delle aspettative di addetti ai lavori e non solo. Nonostante i difficili periodi attraversati dal gruppo – dalla morte dell’indimenticato Bon Scott alla già citata fuoriuscita di Malcolm Young – il nome AC/DC tuonerà indiscutibilmente nelle memorie di intere generazioni future di rocker, a testimonianza del fatto che la perseveranza in quel che si crede porta a grandi risultati: “It’s a long way to the top if you wanna rock’n’roll”.
(2014, Columbia)
01 Rock Or Bust
02 Play Ball
03 Rock The Blues Away
04 Miss Adventure
05 Dogs Of War
06 Got Some Rock & Roll Thunder
07 Hard Times
08 Baptism By Fire
09 Rock The House
10 Sweet Candy
11 Emission Control
IN BREVE: 3/5