Come spesso capita a chi non deve dimostrare di essere tra i migliori in ciò che fa, gli Alvvays leccano nuovamente la ferita dell’indie pop, dopo cinque anni di silenzio. E via, ci siamo tolti subito di mezzo l’imbarazzo dell’attesa di un giudizio, giusto? Dopo tutto, al netto di un exploit abbastanza telefonato, Blue Rev non aveva alcun obbligo di riscatto in materia. Non dopo due album già eccellenti e forse non adeguatamente tributati. Ma tant’è: tutte le ruggini e i benefici (per chi?) del dubbio possono serenamente andare a farsi benedire con questa terza, magnifica prova del quintetto di Toronto, consacrazione non di uno stile ma di una posizione, non di una qualità ma di una certa raggiunta maestà.
Qualcuno, a onor del vero, parlerebbe di maturità artistica e anagrafica. Ma chi ha detto che a trent’anni si è maturi? Cosa o chi lo determina? Che accidenti significa, cosa ci si aspetta? Che orribile termine. Che orribile, pretestuoso passaggio. Rispetto agli episodi precedenti, comunque, si nota nelle liriche e nei pensieri della band un certo desiderio di guardare ai trascorsi, agli errori, alle stagioni non consumate adeguatamente – così come alle generali incertezze di un mondo difficilmente interpretabile. Con la stessa, perfetta attitudine un po’ trasognata, melodiosamente melanconica, carezzevolmente accelerata quando vuole e deve.
L’avvio dell’opera infila una serie di pezzi da urlo: dal singolo/opener Pharmacist a Many Mirrors è un continuo sussulto, un trionfo C86 quasi da manuale. Se Very Online Guy segna certamente un respiro più eighties, Velveteen ne segue l’onda con la sua splendida chiosa in stile A-Ha. Con Pomeranian Sprinter ritornano invece le chitarre: qui in versione squisitamente power pop, poco più in là nella classica salsa shoegaze del coming of age Belinda Says. La chiosa è affidata ai saliscendi di Bored In Bristol e Lottery Noise, prima del marchio di fabbrica Fourth Figure: un ultimo, emozionato saluto come fu “Forget About Life” da “Antisocialites” (2017).
Con “Blue Rev”, Molly Rankin & Co. confermano di non essere un match per alcun collega, di aver raccolto un’eredità che per un breve lasso di tempo sembrava poter appartenere ai The Pains Of Being Pure At Heart, salvo poi collassare. Gli Alvvays sono già andati oltre, hanno già fatto meglio. Non era in programma ci abbandonassero per cinque inverni. Chissà se era in programma, però, che certe canzoni non ci abbandonassero mai.
(2022, Transgressive)
01 Pharmacist
02 Easy On Your Own?
03 After The Earthquake
04 Tom Verlaine
05 Pressed
06 Many Mirrors
07 Very Online Guy
08 Velveteen
09 Tile By Tile
10 Pomeranian Spinster
11 Belinda Says
12 Bored In Bristol
13 Lottery Noises
14 Fourth Figure
IN BREVE: 4/5