Giunti al nono album della loro carriera (da qui il titolo non troppo originale, per l’appunto IX), e con qualche capolavoro alle spalle (“Source Tags & Codes”, “Worlds Apart” e “The Century Of Self”) per gli statunitensi Trail Of Dead stupire è diventato sempre più difficile. Non è stato dunque peccato alternare negli ultimi dischi quei 3/4 generi musicali dai quali i texani attingono a piene mani per dar vita al loro suono, che rimane tra i più ricercati ed originali nella musica rock degli ultimi vent’anni.
Se nel precedente “Lost Songs” la band si rifaceva chiaramente allo stile furioso degli esordi, in “IX” – a partire dalla copertina – il chiaro riferimento è il celebre “Worlds Apart”, che con un sound più radiofonico del solito ha avuto nove anni fa il merito di allargare la platea commerciale di una band che non ha mai raccolto quanto avrebbe meritato.
L’album comincia con la solare The Doomsday Book, canzone riuscita ma un po’ prevedibile in quanto perfetto sunto di alcune delle peculiarità del songwriting di Conrad Keely (nello specifico, uno spiccato gusto per l’epicità e un non troppo celato ottimismo di fondo in tanti dei suoi brani). L’asticella della qualità, però, si alza vertiginosamente nei brani successivi: la cosa non sorprende più di tanto, visto che (raffinatezze stilistiche a parte) il valore aggiunto della musica dei Trail Of Dead è senza ombra di dubbio rappresentato da capacità compositive nettamente superiori alla media.
In “IX” non ci sono picchi di livello assoluto (manca, per intenderci, la “Will You Smile Again?” o la “Let It Dive” di turno), ma è comunque presente tanto, tantissimo materiale valido: le trascinanti Jaded Apostles (clamorosi i primi secondi) e A Million Random Digits ci ricordano perché i concerti della band possono definirsi a tutti gli effetti incendiari, mentre la strumentale How To Avoid Huge Ships è un maestoso esempio di ibrido tra rock e musica classica. Il meglio però arriva con i due episodi più intimi e delicati dell’album: Bus Lines è una romantica e commovente ballad che sfonda il muro dei sei minuti (meravigliosa la parte strumentale che spezza in due il brano), e Lie Without A Liar dimostra come una semplice e breve canzone pop (se ben fatta) possa comunque raggiungere devastanti livelli di intensità emotiva.
Nell’album non mancano alcuni passaggi a vuoto (la schematica e ripetitiva The Ghost Within e Sound Of The Silk), ma il voto finale (che risente anche degli arrangiamenti perfetti e delle meravigliose esecuzioni vocali di Keely e Reece) non può che essere positivo: il talento dei Trail Of Dead è merce rara e non sente fortunatamente il peso degli anni.
(2014, Superball)
01 The Doomsday Book
02 Jaded Apostles
03 A Million Random Digits
04 Lie Without A Liar
05 The Ghost Within
06 The Dragonfly Queen
07 How To Avoid Huge Ships
08 Bus Lines
09 Lost In The Grand Scheme
10 Like Summer Tempests Came His Tears
11 Sound Of The Silk
IN BREVE: 3,5/5