Su Arlo Parks c’è un brusio proveniente da oltremanica, da ben due anni a questa parte, che ha generato un hype non indifferente. Ciò che lo ha alimentato è il contenuto dei due EP usciti nel corso del 2019: “Super Sad Generation” e “Sophie”, dalla marcata grafiabedroom pop con sfumature new soul che hanno fatto urlare da più parti alla Best New Thing. Ad alimentare le aspettative per questo disco d’esordio anche numerosi fan illustri: su tutti le coetanee Billie Eilish e Phoebe Bridgers.
Segni particolari: Arlo ha un timbro limpido e un’intonazione da Motown, l’anno di nascita è il 2000 e la carta di identità ci mostra anche il cosmopolitismo delle sue radici – nata a Londra ma con origini per metà nigeriane, per un quarto ciadiane e un quarto francesi – che si riflettono sulla sua estetica artistica. Ma è anche un punto di vista interno della generazione millennial, così brava a cristallizzare nei suoi pezzi il disagio e la malinconia adolescenziale, ancor più accentuate in questi tempi bui. La Parks, però, non è solo questo: è un’artista che non ha timore di porre l’accento su temi come il disagio mentale – a tal proposito è anche ambasciatrice di un ente, il CALM, che sensibilizza sull’importanza della salute mentale – il gender fluid e il razzismo (non a caso il nome d’arte è un chiaro riferimento all’attivista Rosa Parks).
Passando al disco, le dodici tracce di Collapsed In Sunbeams sono state scritte e co-prodotte con Gianluca Buccellati, musicista e produttore americano di origini italiane conosciuto dietro le quinte di un festival britannico. Piccola curiosità: del disco c’è anche una versione deluxe, arricchita da varianti lo-fi di alcuni pezzi e da cover, su tutte Moon Song e Ivy. Il lavoro dell’artista britannica si apre con la title track – il cui titolo è preso in prestito da un’opera della scrittrice Zadie Smith – che è uno spoken word. La scelta di iniziare con una poesia, altra sfaccettatura del suo background artistico, rappresenta il tentativo di introdurre l’ascoltatore nella trama del disco, intimo e quotidiano, impiegando un linguaggio universale.
Le linee di basso di Hurt esemplificano il morso groove del disco: pop trascinante che richiama a più riprese la malizia sonora del soul. Hope e Caroline, invece, sono due pezzi ravvicinati ma dalle sfumature diverse: compassato nelle sue timbriche jazz il primo, più cantautorale e malinconico il secondo, con una linea di chitarra alquanto radioheadiana. La delicatezza delle liriche di Black Dog – che non a caso utilizza la metafora usata in psicologia per descrivere la depressione – genera empatia nell’ascoltatore, già rapito dall’ipnotico arpeggio.
Quel modo di narrare intimo e quotidiano, di cui si diceva sopra, è rappresentato dalla scelta di utilizzare nomi di persone come titoli dei brani: così l’ascoltatore diventa spettatore della quotidianità di Arlo nel dream pop di Eugene, in cui canta di amori non corrisposti,o nel beat in salsa downtempo di For Violet, dove è vivido il racconto dei difficili equilibri delle relazioni adolescenziali. Il finale è affidato a un’anima più black, un new soul dalla ritmica sincopata che si dipana tra le conclusive Bluish e Portra 400.
“Collapsed In Sunbeams” è un disco perfettamente calato nel presente, chiaro e sincero, che non ha bisogno di sovrastrutture sofisticate o di una monotonia concettuale per raccontare lo spleen adolescenziale. Resta soltanto una cosa da fare: porsi il classico interrogativo sul futuro dell’artista? No, schiacciare di nuovo il tasto play.
(2021, Transgressive)
01 Collapsed In Sunbeams
02 Hurt
03 Too Good
04 Hope
05 Caroline
06 Black Dog
07 Green Eyes
08 Just Go
09 For Violet
10 Eugene
11 Bluish
12 Portra 400
IN BREVE: 4/5