Formula consolidata non si cambia. Così vale per Throes, l’ultimo album degli Aseethe, trio di Iowa City, Iowa formato dal chitarrista e cantante Brian Barr, il bassista e cantante Noah Koester e il batterista Eric Diercks, uscito su Thrill Jockey dopo una sessione di registrazioni molto intensa tenutasi a Chicago, presso l’Audio Electrical di Shane Hochstetler e del guru Steve Albini.
Un’intensità che si riferisce al lavoro specifico fatto in sede di registrazione per quello che riguarda l’uso dei suoni e in particolare di quella diffusa effettistica drone, ma pure per i temi affrontati, dato che dopo avere trattato il tema della disperazione nel precedente album “Hopes Of Failure” (2017), questa volta il trio ha deciso di concentrarsi sul tema dell’ira. L’odio, del resto, costituisce un tema che si è largamente diffuso, divenuto attuale in ogni strato e livello sociale e culturale di tutto il mondo occidentale dopo l’ondata di negatività generatasi all’indomani dell’elezione di Donald Trump, ed effettivamente questo disco ha al centro dei contenuti di carattere politico e ideologico, rivendicazione dello stesso Brian Barr, compositore e arrangiatore della maggior parte dei pezzi che ha voluto considerare l’album come un’appendice alla lotta contro questa svolta politica e disastrosa sul piano dei temi e su quello specificamente ambientale.
Certo il disco piacerà agli appassionati del genere (vedi gli ascoltatori di progetti come The Body o Sumac), perché comunque è ben suonato, concettualmente studiato con una certa attenzione, ma gli spunti particolari e degni di nota qui sono veramente pochi. Si riconosce quella particolare volontà di lasciar prolungare ogni singolo stacco e fragorosa esplosione di suono metalloso e drone, accompagnata da un cantato angosciante, monumentale, ipnotico, tipicamente apocalittico, ma manca tutto sommato un momento veramente emozionale. Le lunghe sessioni della maggioranza delle tracce (ma è caratteristico del genere, non potrebbe essere altrimenti) scoraggiano un ascolto che è difficile e poco appagante, mentre quelli più brevi poco si addicono al sound.
In definitiva ne esce un disco forse valido artisticamente, ma di scarso effetto e che non genere empatia. Nondimeno, anche alla luce della nobiltà dei temi affrontati e dello spirito politico, non si riesce tuttavia a trovare in quest’album quella innovazione che si vorrebbe in generi come il doom o lo sludge che si fondano su formule che sono consolidate, estensione di un certo mood nichilista e oscuro anni Settanta, schierate dietro quella componente monolitica del suono che risponde a una certa angosciante stagnazione e senso del vuoto alla base poi dei suoi principi ideali, una sorta di cane che si morde la coda.
(2019, Thrill Jockey)
01 Throes
02 To Victory
03 Suffocating Burden
04 No Realm
05 Our Worth Is The New Measure
IN BREVE: 1/5