Quante band possono fregiarsi di un sound così personale tanto da farlo coincidere col proprio nome? Quante volte, dopo aver ascoltato uscite discografiche recenti, avete poi sentito/letto al riguardo la definizione “a là Beach House”? Quante altre realtà musicali hanno veramente significato qualcosa in questo nuovo millennio? Forse i canadesi Arcade Fire? Sì, loro sì. E davvero pochi altri. Fra questi pochi altri c’è senza alcun dubbio il tandem composto da Victoria Legrand e Alex Scally, due che con appena tre album – ma soprattutto con “Teen Dream” del 2010 – hanno segnato un solco profondo in un certo modo di interpretare certe atmosfere. Il sole che riflette sulla sabbia fine come la farina, il mare che si fonde col cielo all’orizzonte, il sogno che si mescola alla veglia tanto da rendere indistinguibili ambedue le dimensioni. Tutto ciò fa parte del campionario estetico/auditivo dei Beach House, un campionario che con questo Bloom si arricchisce probabilmente della sua gemma più preziosa. Prendete Myth, singolo di lancio nonché traccia d’apertura dell’album: è un pezzo semplicemente perfetto nel suo incedere trasognato, nel suo ricreare un’atmosfera da tempo delle mele, tanto puerile quanto al contempo smaliziata, che trova nella voce della Legrand una impeccabile trasposizione. Certo ci sono gli strati sonori messi in piedi da Scally, ricchi di eco, diavolerie elettroniche e filtri tra i più disparati, ma non riusciamo ad immaginare quale potrebbe essere l’effetto di questi brani interpretati da un’altra voce che non sia quella della franco-americana. Un po’ Edith Piaf (On The Sea) un po’ Elizabeth Fraser (New Year), è lei la vera protagonista del Beach House pensiero. E non è un caso che venga citata la Fraser, perché i Beach House riprendono dai Cocteau Twins anche una vena malinconica che, seppur seppellita nella sabbia e abbagliata dai raggi del sole, in fondo c’è. Così come potremmo citare, ancora, i Cranes (sempre presenti quando si parla di dream pop) o i primi Devics di Sara Love (altra inimitabile voce femminile). Ma la realtà è che i Beach House si stanno allontanando sempre più, passo dopo passo, album dopo album, da qualsiasi punto di riferimento, standardizzando il proprio sound e affermandosi loro stessi come punto di riferimento altrui.
(2012, Sub Pop)
01 Myth
02 Wild
03 Lazuli
04 Other People
05 The Hours
06 Troublemaker
07 New Year
08 Wishes
09 On The Sea
10 Irene
A cura di Emanuele Brunetto