Victoria Legrand e Alex Scally, se mai ce ne fosse stato bisogno, non devono convincere più nessuno. Detrattori e ammiratori sono lì, schierati, pronti a demolire o a tessere lodi all’uscita di ogni nuovo lavoro. Ma questo non interessa ai Beach House, impegnati inconsciamente ad alimentare la loro iconicità. Perseguono la loro strada fatta di inarrestabili e onirici flussi di parole e suoni che, alla soglia dei sedici anni di carriera, non mostra segni di cedimento.
Questa volta la genesi dei loro incantesimi sonori ha fatto i conti con una prolissità inaspettata, favorita dalla storia degli ultimi due anni in cui Victoria e Alex hanno passato molto tempo insieme. Scally, in più, da buona anima razionale del duo, si è messo a studiare da autodidatta un po’ di ingegneria del suono che ha consentito ad entrambi di fare scelte più consapevoli in fase di produzione. Non è mancata, però, la supervisione di un produttore esperto: nella fattispecie quell’Alan Moulder che di icone sonore se ne intende (My Bloody Valentine, Nine Inch Nails).
Dicevamo: il rallentamento dei tempi del mondo ha aumentato le possibilità di scelta e, alla luce dell’ultimo lavoro, si trattava anche di decidere se continuare su quei territori più shoegaze e dark o ritornare ad una declinazione personale del dream pop. Il risultato, ancorché difficile da mettere a fuoco definitivamente, forse, non sta in nessuna delle due ipotesi prefigurate. Il passato riaffiora, è una cifra inestirpabile, influenza l’autoreferenzialità delle strutture sonore ma non le rende stantie. Once Twice Melody fluttua tra echi di dream pop con venature francesi, ventate di drammaturgia declinate con tastiere dei primi anni ’90 (Victoria Legrand suona una Rapman in Masquerade) e riverberi tentacolari sospesi a metà tra Mazzy Star e Mercury Rev: i più classici dei riferimenti del duo di Baltimora.
Venendo ai numeri: l’ottavo disco dei Beach House è un disco corposo, ha la dimensione della raccolta. I pezzi sono diciotto ma sono stati divisi in quattro parti, ognuna delle quali rilasciata a cavallo tra la fine dell’anno scorso e l’inizio di quest’anno. Poco più di un’ora e venti in cui perdersi e ritrovarsi, ma anche annoiarsi e tornare ad incuriosirsi. Il leitmotiv circolare della title track, supportato da sostanziosi archi, rende ammaliante la prima sezione del disco; Superstar, invece, ha un potere innodico tale da candidarsi ad essere un’instant classic del duo. Pink Funeral e Through Me anestetizzano le gioie effimere con la nostalgia.
Le sonorità sono ancora più dilatate nella seconda parte che fa i conti con la psichedelia plasticosa di Runaway, si lascia attraversare dal romanticismo sintetico di ESP e di New Romance, per poi cedere alle rarefazioni elettroniche di Over And Over. La chitarra acustica di Scally rende per un momento più tangibili e terrene le traiettorie sonore disegnate da Sunset, prima che i synth di Only You Know e l’organo di Another Go Around ripristinino l’incorporeità delle melodie. Nella terza parte c’è spazio anche per le atmosfere cinematiche di Masquerade.
La quarta e ultima sezione si apre con lo scintillio conciliante delle tastiere di Finale, si perde nei riverberi folk delle chitarre slide di The Bells, tergiversa sulla fine con la notturna Many Nights prima del definitivo e arioso congedo di Modern Love Stories. “Once Twice Melody” si candida ad essere un almanacco moderno del dream pop. L’aver abdicato a qualsiasi modello di sintesi determina un punto di non ritorno ma anche una tabula rasa in vista del futuro prossimo. Nessun ridimensionamento, solo un manifesto di liquide melodie moderne per amori malinconici.
(2022, Bella Union)
Chapter 1 / Pink Funeral
01 Once Twice Melody
02 Superstar
03 Pink Funeral
04 Through Me
Chapter 2 / New Romance
01 Runaway
02 Esp
03 New Romance
04 Over And Over
Chapter 3 / Masquerade
01 Sunset
02 Only You Know
03 Another Go Around
04 Masquerade
05 Illusion Of Forever
Chapter 4 / Modern Love Stories
01 Finale
02 The Bells
03 Hurts To Love
04 Many Nights
05 Modern Love Stories
IN BREVE: 3,5/5