È difficile raccontare la vicenda dei Replacements, gruppo indie rock quando il termine “indie” significava davvero qualcosa, band di culto che adesso in tanti citano ma dei quali pochi comprarono i bellissimi album anche quando passarono ad una major, ai tempi in cui ciò voleva dire distribuzione e promozione, esposizione radiofoniche e, insomma, una sorta di sicurezza economica. I ‘Mats (nome con il quale affettuosamente li appellano i fan) sono stati un gruppo totalmente peculiare, indescrivibilmente nichilista e che, soprattutto, ha prodotto tanta eccellente musica rock che non somigliava a nessun altro, pur rimanendo musica rock quasi canonica.
“Che diavolo c’entrano i Replacements se qui parliamo dei Beach Slang?”, potrebbe obiettare il lettore dotato di spirito di osservazione; beh, questa è una domanda che andrebbe fatta a James Alex, che non solo li menziona ogni qualvolta interpellato a parlare della propria musica – che vorrebbe essere evocativa della band di Paul Westerberg e soci – ma che, stavolta, si rivolge anche all’originale bassista della band di riferimento, quel Tommy Stinson che negli ultimi anni è stato in giro insieme ad Axl Rose per il tour di “Chinese Democracy”.
“Beh, nulla di male”, si potrà pensare: tante band hanno invitato i propri idoli a suonare insieme a loro; affermazione vera quanto quella che, alla fine della fiera, ciò che realmente conta è la qualità musicale. E se si finisce a parlare di un’altra band per descrivere la musica dei Beach Slang, è perché la musica non è particolarmente interessante.
Come i Greta Van Fleet, i Beach Slang sembrano un gruppo parodia, sensazione amplificata dalla qualità dei testi: “I’m a skeleton wrapped in gasoline / I don’t give a damn about a god damn thing” (da Let it Ride); “I’m a one-way ticket on a nowhere bus” (da Nowhere Bus); “I’m a filthy rat, a heart attack / a no-good nothing with an itch to scratch”(da Bam Rang Rang). Qui, più che nel territorio delle liriche del gruppo del Minnesota, ci troviamo a sentire cose tipiche del peggior hair metal anni ’80.
È ad album come The Deadbeat Bang Of Heartbreak City che ci si riferisce quando si parla del pessimo stato di salute della musica rock, e anche negli episodi meglio riusciti (come Tommy In The 80s e Kicking Over Bottles) non si riesce mai a scuotere quella sensazione di banalità e di già sentito che fa premere il fatidico tasto skip ben prima della fine del pezzo. Se i Beach Slang e il loro leader James Alex non vogliono sprecare il pur ottimo suono – tuttavia anch’esso mai originale – che si sente su quest’album, sarebbe d’uopo lasciar perdere le sceneggiate da rockstar anni ’80 sul palco e concentrarsi sullo scrivere canzoni meno banali, non foss’altro che per non fare diventare realtà quel mantra che ormai si va ripetendo dal 1956: “rock is dead”.
(2020, Bridge Nine)
01 All The Kids In LA
02 Let It Ride
03 Bam Rang Rang
04 Tommy In The 80s
05 Nobody Say Nothing
06 Nowhere Bus
07 Stiff
08 Born To Raise Hell
09 Sticky Thumbs
10 Kicking Over Bottles
11 Bar No One
IN BREVE: 1,5/5