At Least For Now, forte dell’imperturbabile sensibilità di Benjamin Clementine e di quel pianoforte che pare appendice più che strumento, è così il racconto di un viaggio tanto fisico quanto introspettivo, fatto di una classe che non si nasconde dietro virtuosismi perché Benjamin non è quel tipo di musicista, lui va di pancia e cuore, da buon autodidatta qual è.
La voce bassa e soul di Clementine s’alterna coi falsetti e dona teatralità e un velo di drammaticità a un disco estremamente personale e semplice nella sua forma. La sezione ritmica è timida e mai invadente: la batteria appena accennata di Winston Churchill’s Boy e The People And I, oppure quella più spavalda di Condolence, quando gioca a inseguirsi col piano, sono gli unici momenti in cui si fa sentire insieme alla schizofrenia di Adios.
Gli unici altri diversivi sono gli archi di Nemesis (e di qualche altro episodio sparso) e i sofisticati inserti elettronici della già citata Condolence o di quella London che è il richiamo fortissimo della sua città natale, ben più “casa” delle strade pur grondanti spirito di Parigi e che lo costringono alla solitudine. La stessa che lo attanaglia in Cornerstone, rappresentata alla perfezione dal binomio voce/piano senza null’altro a supporto.
Il pregio maggiore di questo debutto, a parte l’innegabile talento compositivo del suo autore, sta nella capacità di soddisfare palati differenti, dal jazz al soul e alla canzone d’autore, dal pop alla classica, senza mai perdere identità, ancorato strenuamente a una voce e a un tocco pianistico profondo che sembrano aver già segnato quest’annata discografica.
(2015, Behind)
01 Winston Churchill’s Boy
02 Then I Heard A Bachelor’s Cry
03 London
04 Adios
05 St-Clementine-On-Tea-And-Crossaints
06 Nemesis
07 The People And I
08 Condolence
09 Cornerstone
10 Quiver A Little
11 Gone
IN BREVE: 4/5