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Bjork – Biophilia

Sarà che da Bjork ci si attende sempre chissà cosa: trovate geniali, spirali sonore mai percorse e intonse, album che si possano dimostrare epocali già la settimana seguente la loro pubblicazione, look avanguardistici, collaborazioni stimolanti (fra le ultime quella con Thom Yorke) e chi più ne ha più ne metta. Tutti elementi, questi, cui l’islandese ha sempre prestato una certa attenzione, facendone il fulcro della propria ormai ultraventennale carriera costellata da un successo dietro l’altro, ciascuno a giusto titolo. Ed è forse per questo che Biophilia pare avere le sembianze del riempitivo in una discografia già ricchissima e per larga parte irraggiungibile. Il piacere che si prova nell’ascoltare la voce del piccolo folletto nordico resta, a dirla tutta, immutato anche in questo lavoro del 2011. Ma è evidentemente diverso l’approccio con cui Bjork si è prestata alla composizione di “Biophilia”, album meno strutturato, più lineare nel suo incedere rispetto ai predecessori e probabilmente meno ispirato in generale. Una virata verso la semplicità che se da un lato – quello della prestazione vocale – convince appieno, dall’altro – quello sonoro – finisce per lasciare perplessi. Cinquanta minuti scarsi di carillon (Crystalline, Virus), riverberi ambient (Cosmogony, titolo che la dice lunga sull’essenza dell’intero album), esercizi di stile (Dark Matter), accompagnamenti da piece teatrale (Hollow), corde pizzicate e voce (Solstice) e appena qualche vago cenno d’elettronica pulsante nella parte finale (Sacrifice, Mutual Core). Solo in apertura, con Moon e Thunderbolt, si risente la Bjork del più recente “Volta” (2007), quella che non ci pensa due volte a inserire cori o a giocare coi tempi. Ad ogni modo, anche stavolta il tocco di vera innovazione sbuca fuori ed è dato non dall’album in sé quanto piuttosto dalla sua distribuzione: “Biophilia”, infatti, è anche un’App per iPhone ed iPad, disponibile gratuitamente e contenente al suo interno le tracce (queste però a pagamento, of course). Insomma, magari qualitativamente non ci troviamo ai vertici delle potenzialità di Bjork, ma resta il fatto che “Biophilia” si attesta come il primo album-applicazione della storia della musica. Anche aspetti del genere, seppur secondari, contribuiscono alla grandezza di un’artista.

(2011, One Little Indian)

01 Moon
02 Thunderbolt
03 Crystalline
04 Cosmogony
05 Dark Matter
06 Hollow
07 Virus
08 Sacrifice
09 Mutual Core
10 Solstice

A cura di Emanuele Brunetto

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