La versatilità della sua arte, l’innata capacità di shakerare in un unico beverone una quantità immane di esperienze-suoni-colori, la predisposizione al mettere su carta-cd-video paesaggi fra i più disparati, dipinti con dovizia di particolari e trasposti in musica dalla sua immaginifica mente. In tutto questo è racchiuso, da una quindicina d’anni a questa parte, il percorso artistico di Bjork. Una rapida ascesa prima, culminata nel capolavoro “Homogenic” (1997), e poi tutta una serie di colpi ben assestati fino a questa primavera 2007, in cui viene dato alle stampe Volta. Dieci tracce dieci, marchiate a fuoco dal folletto islandese, di cui è impossibile non individuarne già di primo acchito la maternità. Pregio questo che, se non in difetto, comincia adesso a trasformarsi lentamente in routine; sì, perché “Volta” potrebbe benissimo essere un greatest hits di Bjork così come un album di b-side o di rarità o una sua qualunque altra incisione. I pezzi che compongono la tracklist – il livello è pur sempre altissimo, per carità – sono vittime di una eccessiva dose di auto-citazionismo che non sembra aiutare Bjork nell’appagare nuovamente la sua annosa ambizione: sperimentare ed innovarsi rimanendo sempre un passo più in là dell’avanguardia. Il singolo apripista Earth Intruders, ad esempio, prova a nascondere dietro uno strato di percussioni etniche quello che altro non è se non un mosaico di piccoli pezzetti estratti da “Medulla” (2004). Così come è prepotente l’ombra del lavoro del ’97 in un brano come I See Who You Are. Gli episodi, poi, che tentano in qualche modo di aggiungere un altro piano all’enorme castello di carte a nome Bjork, non convincono del tutto perdendosi nei meandri dell’eccesso (basti ascoltare l’elettronica a tratti techno di Innocence e Declare Independence). Capitolo a parte meritano invece le collaborazioni, come sempre numerose e di lusso, cui anche questa volta ha dato vita la piccola islandese: su tutte, basti citare i duetti con Antony Hagarty (Antony & The Johnsons), superbo in Dull Flame Of Destre e My Juvenile, fresco brano pop il primo e lirica ballata la seconda. Arrivati a fine ascolto, non è pertanto la delusione il sentimento che prevale, ma purtroppo neanche la “sorpresa” che aveva accompagnato ognuna delle precedenti uscite dell’artista. Sarà che c’ha abituati male, ma un pizzico di “sale” in più lo avremmo gradito, no?
(2007, Atlantic / Wea)
01 Earth Intruders
02 Wanderlust
03 Dull Flame Of Desire
04 Innocence
05 I See Who You Are
06 Vertebrae By Vertebrae
07 Pneumonia
08 Hope
09 Declare Independence
10 My Juvenile
A cura di Emanuele Brunetto