Artefici di uno degli esordi più significativi della stagione indie degli anni Zero, quel “Silent Alarm” pubblicato nel 2005, i Bloc Party si sono poi persi in album dal valore sempre più discutibile, né tantomeno le performance da solista di Kele Okereke hanno segnato chissà quali picchi, confermando una fase di stanca apparentemente senza via d’uscita.
Così, le aspettative nei confronti di questo Hymns, quinto lavoro in studio della band, non erano affatto alte. Diciamo pure che rasentavano il suolo, anche perché il recente terremoto all’interno della formazione, con l’uscita di Gordon Moakes e Matt Tong e l’ingresso di Justin Harris e Louise Bartle, rispettivamente a basso e batteria, non lasciava presagire nulla di buono. Invece Kele e Russell Lissack, rimasti strenuamente al loro posto, pubblicano un colpo di coda che non brilla di luce propria ma riflette almeno in parte quella degli esordi.
Le pulsioni dance che avevano imbastardito il sound recente dei Bloc Party si fanno giusto un po’ di lato per lasciare spazio ad altro, vedi l’intrigante fare blueseggiato di The Good News o l’elettronica atmosferica di Fortress, che non accelera mai troppo i ritmi e per questo risulta convincente e godibile. Certo The Love Within e Virtue, anticipazioni scelte per lanciare l’album, palesano dei vizi evidentemente non ancora superati, ma poi c’è So Real che è senza mezzi termini il miglior brano partorito dagli inglesi da tanti anni a questa parte.
Tutto ciò, sommato al buon lavoro fatto dalla nuova sezione ritmica e a un Okereke finalmente più frontman che popstar, giustifica un interesse nei confronti dei Bloc Party che se fosse venuto a mancare avrebbe definitivamente compromesso una carriera già vacillante.
(2016, BMG / Infectious / Vagrant)
01 The Love Within
02 Only He Can Heal Me
03 So Real
04 The Good News
05 Fortress
06 Different Drugs
07 Into The Earth
08 My True Name
09 Virtue
10 Exes
11 Living Lux
IN BREVE: 3/5