Quella caricata sulle spalle dei Blonde Redhead, lungo tutta la loro carriera, è una zavorra che sfiancherebbe chiunque. Ci riferiamo al peso dell’eredità musicale del rock newyorkese che, negli anni, ha raccontato il virtuale passaggio di consegne dai Velvet Underground ai Sonic Youth e che, alla fine degli anni ’90, suggeriva la detronizzazione dei Sonic Youth per mano della band dei fratelli Pace e della nippo-americana Kazu Makino. I Redhead, però, arrivano troppo stanchi all’appuntamento e si fanno piegare, brutalmente, dalla responsabilità accollatagli dalla storia. Per dire la verità, il loro esordio aveva meritato, eccome, l’importantissima investitura: album come l’omonimo (prodotto guarda caso da Steve Shelley dei Sonic Youth), “La Mia Vita Violenta” e “Fake Can Be Just As Good”, infatti, mostravano, una band cazzuta che modellava porzioni di noise-rock, post-punk, psichedelia e citazioni letterarie (Pasolini, ad esempio) con il talento dei grandi. Da un po’ di tempo però il terzetto newyorkese ha deciso di tirare il freno, farsi più spirituale, inafferrabile e poco, molto poco pulp. Basta con gli incubi sotterranei, basta con le deflagrazioni in stile Moore-Ranaldo. Spazio, invece, ad atmosfere sinuose, soft e dolciastre. Già il precedente “Misery Is A Butterfly” aveva detto che i Blonde Redhead d’oggi sono un gruppo con ambizioni da rock rotondo elaboratissimo e rifinito fino allo sfinimento. 23, edito dalla 4AD per questo 2007, è la conferma di tale trend. Le trame appuntite e folgoranti non ci sono più e non c’è più quel senso di angoscia metropolitana che segnava “le vite violente” della grande mela. Il disco, così, è una barocca parabola del decadente. La voce della Makino, vera e propria protagonista vocale dell’intero set, appiccica addosso tutta la freddezza del vintage ed è infantile da sfiancamento. Sw forse è il pezzo che maggiormente stupisce del lotto: la voce storpiata di Amedeo Pace traccia il campo di un brano che si fa medioevale per via dell’improvvisa entrata di fiati che suonano a festa. Le maracas di Silently sembrano, poi, voler omaggiare gli anni ’80 con tutta quell’immersione in atmosfere dilatate, romantiche e plumbee. I brani più convincenti sono, senz’altro, la opening e title-track 23, con un bel pezzo di drumming di Simone Pace e con le tastiere spiccatamente eighties di Kazu, e la cyber Heroine (omaggio ai Velvet Underground?) succosa di synth e piccoli frammenti di elettronica. Che dire, c’è da ragionarci su. C’è da grattarsi la testa: ci piacciono i Blonde Redhead del nuovo millennio? Ci ritiriamo per deliberare.
(2007, 4AD)
01 23
02 Dr. Strangeluv
03 The Dress
04 SW
05 Spring and by Summer Fall
06 Silently
07 Publisher
08 Heroine
09 Top Ranking
10 My Impure Hair
A cura di Riccardo Marra