Bruce Lamont s’è creato la sua nicchia durante lo scorso decennio con gli Yakuza, band che unisce le spigolature del math-core a un approccio prog-jazz. Lamont non è solo il cantante del gruppo ma con sassofono e clarinetto da un tocco di vivacità compositiva ai brani. Nel 2011 ha esordito con questo progetto, i Bloodiest, stando solo dietro al microfono e abbandonando i fiati. “Descent” era un lavoro oscuro che privilegiava la pressione psicologica all’impatto fisico ma che aveva pochi momenti esaltanti.
Con questa seconda prova omonima la formazione di Chicago, che consta di ben 9 elementi, mette a fuoco la scrittura e migliorando anche la resa sonora. La produzione è infatti affidata a Sanford Parker, producer tra i più vituperati e impegnati del panorama post-metal statunitense e la sua mano si sente. Il sound sfiora le apocalissi dei Minsk con le chitarre algide e cupe che disegnano arabeschi dall’aspetto tooliano (Mesmerize).
L’intero album è stretto in un’aura di disperazione e vi aleggia una patina di fuliggine esistenziale, si sta in equilibrio sull’orlo del baratro e forse laggiù avvampa l’inferno. Emotivamente i Bloodiest riescono a creare un mondo catastrofico ma singolarmente nessun brano spicca sugli altri e solo in rari casi arrivano le esplosioni attese (Broken Teeth, Suffer) mentre l’andatura è sempre cadenzata come una marcia magmatica (Separation).
Lavoro da ascoltare tutto d’un fiato in cui ogni singolo tassello, avulso dal contesto, perde di valore. Il che non è per forza un difetto.
(2016, Relapse)
01 Mesmerize
02 The Widow
03 Condition
04 Broken Teeth
05 Mind Overlaps
06 He Is Disease
07 Separation
08 Suffer
IN BREVE: 3,5/5