Si potrebbe commentare il secondo atto della cosiddetta “trilogia chimica” dei Bluvertigo, parafrasandone le parole del suo stesso autore: ciò che sta nel mezzo in genere è virtù. L’anno è il 1997, Metallo Non Metallo – titolo che in un qualche modo sembra volere rievocare la potenza dell’aut-aut kierkegaardiano – è il disco che lancia definitivamente in orbita il satellite Bluvertigo, attribuendo a Morgan la corona di nuova icona trasgressiva del rock made in Italy. Le “foto scattate” raccontano di una band in stato di grazia (alle chitarre al posto di Pancaldi, è subentrato Livio Magnini, ndr) in procinto di intraprendere, con una maggiore consapevolezza e forte delle preziosa collaborazione del maestro Mauro Pagani (ex P.F.M.), un viaggio esplorativo lungo le lontane terre sonore calcate dai passi di artisti come Bowie, Battiato, Depeche Mode, Primus, The Cure, Japan, New Order e Kraftwerk. Morgan ha il cannocchiale, Andy la cartina. Dopo un affabile intro, affidato al whammy di Morgan e alla voce dell’ex Pancaldi, l’album ha il suo vero e proprio “start” con il brano Il mio malditesta (l’episodio che più si rifà alle atmosfere di “Acidi e Basi”), per poi proseguire con Fuori dal tempo, tessera imprescindibile del mosaico Bluvertigo. Il tanto caro giro di basso alla Claypool fa capolino nella canzone manifesto Vertigoblu, ovvero i due elementi che costituiscono il nome del gruppo: “Vertigo” in riferimento al capolavoro di Alfred Hitchcock (in italiano “La donna che visse due volte”, ndr) e Blu come il colore (quello delle vertigini?); ancora una volta Castoldi – come già era accaduto in “Salvaluomo” – prende di mira il Manzoni e l’intero sistema scolastico italiano (consideriamo il fatto che la scuola nel paese è un’istituzione alquanto reazionaria, repressiva: reagisce alle reazione, non stimola interessi, non produce cultura ma propone da cent’anni le stesse vecchie storie di sposi in riva al lago, gli stessi schemi mentali, obsolete concezioni…). Un’elegante digressione strumentale stile Blade Runner precede la morbida Cieli neri, una composizione in perfetto stile anni Ottanta, accompagnata per il lancio promozionale da un sontuoso quanto originale videoclip. Oggi hai parlato troppo è probabilmente il passaggio più debole del lavoro mentre, al contrario, risulta essere davvero molto interessante Il nucleo. In Ebbrezza totale e Ideaplatonica, Magnini rispolvera le chitarre liquide dei Cure di “Disintegration”, ad impreziosire le pittoresche e malinconiche parole di Morgan. Con Altre forme di vita si delinea la struttura classica della canzone secondo i Bluvertigo: un battito elettronico intervallato da incursioni ritmiche ed un testo eccentrico e follemente intellettuale-citazionistico. Il disco va avanti con Le arti dei miscugli e So low (altro retaggio di “Acidi e Basi”) per poi chiudersi con la ballata dark Troppe emozioni, un pezzo caratterizzato da un’ouverture che ricorda molto da vicino i Bauhaus e da un’impostazione concettuale che rinvia alle liriche di Martin Gore. Fine del secondo atto. Il terzo arriverà dopo solo due anni di attesa. Silenzio in sala. Grazie.
Nota: nei ringraziamenti presenti all’interno del libretto vengono citati fra gli altri: Alfred Hitchcock, Stanley Kubrick, David Cronenberg, K. Kieslowski, F. Truffaut, Bach, Angelo Badalamenti, Kraftwerk, Japan, Tom Waits, Nine Inch Nails, Devo, Italo Calvino, Visconti, Dalì e tanti altri ancora.
(1997, Columbia)
01 Intro – metallo non metallo
02 Il mio malditesta
03 Fuori dal tempo
04 Vertigoblu
05 Tele cinesi
06 Cieli neri
07 Oggi hai parlato troppo
08 Il nucleo
09 Ebbrezza totale
10 Altre f.d.v.
11 Interlude – culti pagani
12 (Le arti dei) miscugli
13 Ideaplatonica
14 So low – l’eremita
15 Troppe emozioni
A cura di Vittorio Bertone