In gergo televisivo sono chiamati media event quei prodotti, appunto mediatici, che irrompono nella sonnecchiante programmazione quotidiana, scombussolandola con un avvenimento irripetibile, unico nel suo genere. Ecco, il nuovo disco dei Boards Of Canada, Tomorrow’s Harvest, è il grande “media event” di questo 2013 musicale. Lo si capisce dall’attesa spasmodica dei fan (a tratti superiore di quella che ha accompagnato i nuovi David Bowie e Daft Punk) e dal culto maniacale che si è sviluppato attorno ai fratelli Micheal Sadinson e Marcus Eoin lungo gli otto anni intercorsi dal precedente “The Campfire Headphase” ad oggi.
Uno iato, a dir il vero, ben “cucinato” dal duo scozzese che, per il ritorno, ha messo in piedi una vera e propria architettura di comunicazione virale a tratti ai limiti del morboso. Si è partiti dal teaser intitolato “Cosecha Signal”, apparso in rete intorno ad aprile. A seguire c’è stato il Record Store Day, con dei vinili numerati dei BoC messi in vendita in pochissimi negozi, scatenando così i segugi del collezionismo. Poi un’ulteriore caccia al tesoro: un puzzle di codici numerici da ottenere tramite il web e non solo (ci ha messo lo zampino anche la BBC), contenenti la chiave magica per un ulteriore clip da “aprire” sul sito dei BoC. E per finire, lo streaming integrale del disco alle 22.00 in punto dello scorso 3 Giugno e la pubblicazione del singolo di lancio Reach For The Dead.
Insomma, niente lasciato al caso, un po’ come la pen drive fatta mollare da Trent Reznor in un cesso pubblico di Lisbona ai tempi di “Year Zero”. E l’anno zero è anche quello che viene raccontato dai Boards Of Canada in “Tomorrow’s Harvest”. A partire dalla copertina dal grande contenuto di malinconia, fino all’impianto sonoro da fine dei giochi. E’ questo ciò che arriva allo stomaco da pezzi come Jacquard Causeway, Cold Earth, Sick Times e Split Your Infinities. Un appiattimento degli scenari portato dall’utilizzo esclusivo di tappeti elettronici. Insomma, nessun appiglio analogico su cui, in passato, si era retta qualche chitarra. Ora no, lo skyline è desertico e anche la melodia, per sopravvivere, è attaccata a una macchina respiratoria.
E “Tomorrow’s Harvest” è un disco ossessivo/ossessionante. Ti prende per mano e ti conduce in una città polverizzata da un’esplosione atomica e strizzata da cambiamenti climatici. Un disco che vuole essere soundtrack di uno stato d’animo e che forse, in questo, vive il suo limite: raccontare (solo) una sensazione. Non una storia, non un racconto, nessun volto, nessuna umanità. Solo irrimediabile solitudine.
(2013, Warp)
01 Gemini
02 Reach For The Dead
03 White Cyclosa
04 Jacquard Causeway
05 Telepath
06 Cold Earth
07 Transmisiones Ferox
08 Sick Times
09 Collapse
10 Palace Posy
11 Split Your Infinities
12 Uritual
13 Nothing Is Real
14 Sundown
15 New Seeds
16 Come To Dust
17 Semena Mertvykh