Esistono menti attraversate da voci tormentate, visioni deformate e pensieri di morte che la maggior parte della gente comune, per fortuna o purtroppo, non arriva a comprendere. Sono vite disturbate per scelta o per necessità, come quella di Kim Gordon. Un’adolescenza solitaria, la schizofrenia del fratello Keller, l’alienazione da ogni forma di leziosità puerile.
Poi i Sonic Youth, la sua totale assenza di competitività con le altre donne, anche perché, oggettivamente poche, a quel tempo, avrebbero retto il confronto; infine, Kim Gordon come artista visiva e come autrice del progetto Body/Head, insieme al chitarrista Bill Nace. Nel suo libro di memorie 2015, “Girl In A Band”, spiegando la dissonanza della musica dei Sonic Youth come un riflesso del mondo, l’artista di Rochester affermava: “La nostra musica era realistica e dinamica, perché la vita era così, piena di eccessi”. Ancora oggi, a 65 anni, Gordon accompagna la dissonanza sonora verso nuovi estremi.
Si legge nel comunicato stampa del secondo album firmato Body/Head che The Switch è “una composizione suddivisa in movimenti tematici”, che se non fosse per un “really heavy” rilasciato durante un’intervista successiva sembrerebbe quasi un album innocuo (per quanto rassicurante possa qualunque cosa orbiti attorno a Kim Gordon).
La brutalità di “The Switch” non tarda a palesarsi: il Pro Tools di Justin Pizzoferrato, la Les Paul di Bill Nace e il Fender Jazzmaster di Kim Gordon fanno di “The Switch” il lavoro di “stregoni sperimentali di notevole fama, che hanno lavorato con una tavolozza più sottile rispetto al passato, affinando le loro idee e identità”. Chitarre lunghe un minuto e mezzo si espandono e ricominciano da capo, come se volessero dire qualcosa di importante che all’improvviso hanno dimenticato di pronunciare.
Sono gli stessi riff che risuonano come rintocchi funebri nei primi secondi di Last Time, fragori che bruciano come gli incendi appiccati dai soldati iracheni ai pozzi di petrolio del Kuwait nel 1991 (In The Dark Room), ronzii e reverberi che in Change My Brain sovrastano la voce di Kim Gordon in un disperato tentativo di emergere, il mormorio caldo e ovattato di Reverse Hard. Vibrazioni e visioni improvvisate per un’opera noise imperturbabile e impegnativa, esattamente come Kim Gordon.
(2018, Matador)
01 Last Time
02 You Don’t Need
03 In The Dark Room
04 Change My Brain
05 Reverse Hard
IN BREVE: 3,5/5