Nicola Manzan non è mai stato uno particolarmente disposto a farsi catalogare, ce l’ha sempre messa tutta – immaginiamo anche con una certa soddisfazione – per rendere sempre più complicato il compito di chi si è approcciato criticamente ai suoi lavori, un’uscita dopo l’altra. Una continua e profonda evoluzione che ha portato il progetto Bologna Violenta, nel corso dei suoi ormai quindici anni di esistenza, a essere tutto e il contrario tutto, senza un filo conduttore ben identificabile (quantomeno da chi quel filo non lo armeggia da padrone come Manzan stesso).
A pensare al suo disco omonimo (2006), a “Il nuovissimo mondo” (2010) o a “Uno Bianca” (2014), ad esempio, si fa parecchia fatica a riconoscere la stessa creatura che ha partorito “Cortina” (2017) e, adesso, questo Bancarotta Morale. Sì, da qualche tempo Manzan non è più solo a tessere le trame di Bologna Violenta, con lui c’è Alessandro Vagnoni a inseguirne le elucubrazioni in studio e dal vivo, ma non è il semplice ampliamento della “formazione” a giustificare ciò che Manzan ha scelto di fare già con “Cortina”, mettendo da parte la chitarra e imbracciando pressoché esclusivamente il violino.
Il grindcore al fulmicotone che l’ha accompagnato fino a pochi anni fa, così, è stato seppellito da una coltre di violini e altri archi che s’innestano sulla sezione ritmica prepotente di Vagnoni, che s’intreccia al resto della strumentazione usata da Manzan in un mix annichilente. L’effetto, sebbene non grind nel senso più classico del termine perché privo di quell’elemento essenziale che sono le chitarre, resta comunque grind a livello concettuale, perché l’irruenza di “Bancarotta Morale” è la medesima del passato solo in una forma auditivamente meno perforante ma non per questo meno disturbante.
Le “storie moralmente inaccettabili” raccontate in “Bancarotta Morale” scandiscono le prime tredici brevissime tracce del disco, che dei ben trentasei minuti della sua durata ne riserva ben ventiquattro alle ultime due composizioni, Sophie Unschuldig e Fuga, Consapevolezza, Redenzione, che coerentemente col percorso svolto all’interno del lavoro chiudono il cerchio in maniera piuttosto differente dal resto: un’unica lunga suite che si dipana in una sorta di ambient dai connotati salvifici, come a voler ripulire e raffreddare il magma morale che l’ha preceduta.
Ancora una volta Manzan ha liberato Bologna Violenta dalle catene delle definizioni, delle etichette a ogni costo (che tanto aiutano quanto confondono sia chi scrive/parla che chi legge/ascolta di musica), segnando l’ennesimo capitolo di un progetto che sa sempre come andare avanti perché, in sostanza, non si ferma mai per guardare indietro.
(2020, Overdrive)
01 Estetica Morale
02 Gli Affari
03 Il Santo
04 La Scuola
05 Il Ladro
06 Il Picchiatore
07 Lo Stupratore
08 Il Baro
09 La Sposa
10 Lo Sposo
11 La Fidanzata
12 La Cognata
13 Lo Psichiatra
14 Sophie Unschuldig
15 Fuga, Consapevolezza, Redenzione
IN BREVE: 3,5/5