C’era attesa di fronte all’ultima opera del Principe, attesa mista ad apprensione ed incertezza per quello che sarebbe stato il seguito di un album, “Lie Down In The Light”, che aveva lasciato spiazzati i fan della prima ora, non abituati a quelle melodie frizzanti, i cori solari, il senso di spensieratezza. Poi era arrivata la copertina di questo Beware, quel profilo in bianco stagliato su un abisso, capelli sparpagliati a brulicare come vermi, una figura persa nel suo marasma esistenziale, a infondere – paradossalmente – un po’ di speranza. Il dito si posa su “play” e ci si prepara ad accogliere l’ignoto. Perchè se c’è certezza e continuità nella musica di Will Oldham, sta proprio nella totale assenza delle medesime. Qualche secondo e con Beware Your Only Friend un deciso giro d’accordi prende forma, cori a sfumare nell’aria senza appesantirla, e un cantato che richiama certe perdizioni di stampo Palace. La sensazione è che Will abbia per l’ennesima volta riavvolto il disco, immerso se stesso nelle radici americane per donare questa volta una nuova linfa romantica e maestosa al suo country indomito, mantenendo inalterato l’apporto della strumentazione. Ecco quindi You Can’t Hurt Me Now, batteria da sonata campestre, assolo che par tramandato da Willie Nelson, voce dalla languida pacatezza spalancata su una maestosa vastità rurale. Un senso della tradizione ancora più accentuato dal violino western in I Won’t Ask Again e dalla pedal-steel di I Don’t Belong To Anyone. Dopo un impatto solare, fa da contraltare la lieve solitudine notturna, ora ritrovata, che avvolge le membra. Aspetto inedito sono le sonorità quasi accattivanti (il blues elettrico di You Don’t Love Me e la chitarra funky sull’incedere danzereccio di I Am Goodbye, note dolenti del disco), precedute però dai tamburi di Death Final a punteggiare una fluente elegia. Ma con gli spettri a riemergere dal suolo, lievitati da un vortice sinistro di violino e batteria che sommergono il canto magnifico e straziato, Heart’s Arms è un meraviglioso rimando all’intimismo dark di “I See A Darkness”; così come richiama “Blood Embrace” (dal progetto Oldham/Sweeney) l’arpeggio sgraziato, suonato sull’orlo di un precipizio, di There Is Something I Have To Say, atmosfere catacombali e oniriche in cui emerge una voce a mostrare evanescenti attimi di vita. Tanto inusuale quanto delizioso il sax protratto nell’atmosfera fumosa da locale anni ’20 di Without Work, You Have Nothing, mentre Afraid Ain’t Me abbaglia sfoderando un connubio di riff di chitarra e funambolismi di flauto in mezzo a prodezze vocali di grande respiro. Terminato il disco, bisogna ammettere che Will Oldham ha spiazzato tutti per l’ennesima volta, e mentre viene immediato quanto inutile pensare a come collocare quest’album rispetto alla discografia precedente (di certo non accanto all’immediato predecessore), il Principe è già sui suoi tacchi. Così si fa strada il sorriso di chi ha subito l’ennesimo scherzo ma, bisogna riconoscerlo, è di quelli che illuminano la giornata.
(2009, Domino)
01 Beware Your Only Friend
02 You Can’t Hurt Me Now
03 My Life’s Work
04 Death Final
05 Heart’s Arms
06 You Don’t Love Me
07 You Are Lost
08 I Won’t Ask Again
09 I Don’t Belong To Anyone
10 There Is Something I Have To Say
11 I Am Goodbye
12 Without Work, You Have Nothing
13 Afraid Ain’t Me
A cura di Andrea Scatasta