Se avete visto almeno una volta i Boris dal vivo, saprete perfettamente che la loro non è musica orientata ai compromessi, non c’è nulla di accondiscendente nel trio nipponico, ci sono solo rumore, droni da fine del mondo e tutto quel campionario dell’estremo che ormai da quasi trent’anni portano avanti con coerenza e senza soluzione di continuità (abbiamo praticamente smesso di contare le loro pubblicazioni).
Evidentemente anche Jack White deve averli visti all’opera sul palco, reagendo come avremmo reagito noi se fossimo stati titolari di un’etichetta discografica: li ha messi sotto contratto con la sua Third Man Records. Un bel colpo per Takeshi, Wata e Atsuo, non tanto perché avessero bisogno di popolarità o riflettori puntati addosso (figuriamoci…), ma perché il supporto di un colosso come White potrebbe regalargli l’inaspettata vicinanza di altri pezzi da novanta del panorama alternativo, ampliando ulteriormente la gamma di collaborazioni cui i Boris hanno dato vita nel corso della loro carriera. E solo Dio sa cosa possono tirare fuori questi tre giapponesi se stimolati a dovere.
Love & Evol dimostra ancora una volta come i Boris sappiano coscientemente cambiare registro, tanto nella successione discografica delle loro uscite quanto all’interno di uno stesso album, circostanza già ben chiarita dai due contrapposti lati di questo lavoro, “Love” (le prime tre tracce) ed “Evol” (le altre quattro), l’amore e il suo contrario, con cui i Boris danno un variegato assaggio di ciò di cui sono – e sono stati negli anni – capaci.
Se l’iniziale Away From You miscela afflati dream pop a sensazionalismo chitarristico mogwaiano, la seguente Coma gioca invece d’anticipo e spiattella subito l’atteso piatto forte della casa, droni provenienti direttamente dal centro della terra che stridono nel contrasto con la dolcezza della traccia precedente. Sta tutta in questa sequenza la natura dei Boris, ci si potrebbe tranquillamente fermare qui. Invece si va avanti a spron battuto, perché gli oltre sedici minuti di EVOL iniziano con tribalismi vari ed eventuali, proseguono sulla consueta scia dronica e finiscono su nello spazio, riscrivendo l’intero vocabolario dei Boris. Un trittico di tracce piuttosto orecchiabili se messe a confronto col resto della loro produzione.
I connotati della band tornano però prepotenti nel lato cattivo del disco, che viene inaugurato da uzume e procede con LOVE e la conclusiva Shadow Of Skull in una foresta infestata di droni che, se nel primo lato guardano molto al post rock, qui percorrono invece un più familiare crinale metal. Nel mezzo c’è In The Pain (T), una piccola (per i canonici minutaggi dei Boris) decompressione tra le bordate feroci che la circondano.
Ancora una volta, così, i Boris evidenziano uno dei loro maggiori e distintivi pregi: riuscire a rendere interessante e godibile un genere, il drone, che per sua natura ha sempre offerto pochi margini di manovra a chi lo fa e poche variabili a chi l’ascolta. Con perizia tecnica e grande visione d’insieme, i tre hanno centrato nuovamente l’obiettivo e Jack può dormire sonni tranquilli: il suo è stato un ottimo investimento.
(2019, Third Man)
01 Away From You
02 Coma
03 EVOL
04 uzume
05 LOVE
06 In The Pain (T)
07 Shadow Of Skull
IN BREVE: 3,5/5