Dopo almeno tre album piuttosto deludenti e tutta una serie di punzecchiature reciproche, è arrivato quest’anno il definitivo (?) coma per l’esperienza Mars Volta. Eppure nel 2003 quella stessa band, ultimamente avvezza solo ad eccessi stilistici che ne hanno pian piano minato le basi, aveva dato alle stampe un album, “De-Loused In The Comatorium”, che non soltanto noi osiamo considerare uno dei migliori lavori pubblicati nel nuovo millennio. Merito dell’eclettismo vocale di Cedric Bixler-Zavala, certo, ma anche e soprattutto delle immense qualità tecniche e compositive del chitarrista Omar Rodriguez-Lopez.
I due, che già nelle fila degli At The Drive-In avevano dimostrato il loro valore, si sa, non si sono lasciati granché bene. Ecco quindi che per questi Bosnian Rainbows il sodalizio si spezza e Rodriguez-Lopez decide di percorrere altri sentieri, non soltanto per la “compagnia” scelta ma proprio da un punto di vista sonoro. Via la voce maschile e dentro Teri Gender Bender, già frontwoman dei messicani Le Butcherettes (in cui ha militato lo stesso Omar), Nicci Kasper a smanettare alle tastiere e Deantoni Parks alla batteria, unico legame, quest’ultimo, coi Mars Volta.
La traccia d’apertura di questo primo, omonimo, lavoro dei Bosnian Rainbows la dice lunga su ciò che è l’album intero: Eli, con quell’inizio à la Sigur Ros che si dipana in una scarica elettrica in cui Teri si atteggia, un po’ Siouxsie un po’ Pj Harvey, mette insieme le caratteristiche del progetto.
Senza mezzi termini, il materiale contenuto in questo disco è quanto di più “pop” mai partorito dai membri della band nei loro precedenti progetti: prendi The Eye Fell In Love, dream pop che in certi passaggi richiama alla mente gli scozzesi Delgados. Oppure Turtle Neck che – salvo un paio di incisi chitarristici – suona anch’essa trasognata al punto giusto, così come I Cry For You e Morning Sickness sembrano strizzare l’occhio ai Garbage meno patinati. Il punkettino che sa tanto U.K. di Torn Maps e della conclusiva Mother, Father, Set Us Free o l’indie da classifica di Always On The Run chiudono il cerchio di un lavoro catchy al punto giusto ma non per questo banale.
Le cavalcate hardcore degli At The Drive-In e le divagazioni soniche dei Mars Volta nella sei corde che Rodriguez-Lopez appronta per i Bosnian Rainbows non trovano affatto spazio: un cambio di rotta epocale per il chitarrista, che si riappropria di una linearità più unica che rara nel suo passato. L’album in sé non è poi un gran crack, ma pensare anche solo per un attimo che possa servire a far riacquistare all’ex chitarra dei Mars Volta la voglia di suonare “semplice” è già di suo una buona cosa. Magari in vista di un ritorno in grande stile della band di El Paso.
(2013, Sargent House)
01 Eli
02 Worthless
03 Dig Right In Me
04 The Eye Fell In Love
05 I Cry For You
06 Morning Sickness
07 Torn Maps
08 Turtle Neck
09 Always On The Run
10 Red
11 Mother, Father, Set Us Free