Ad uno come Brian Wilson può essere perdonato praticamente tutto, perché ha scritto pagine di storia della musica che definire seminali è poco, perché decine, centinaia di altri artisti hanno tratto ispirazione dalle sue composizioni rendendogli omaggio in modo più o meno evidente.
Con i Beach Boys le cose sono andate come sono andate, fra alti e bassi, così ecco che Wilson s’è dedicato a lavori da solista fatti di canzoni che hanno sempre teso l’orecchio alla band californiana per eccellenza. Forse perché Brian non ha mai smesso di sperare di poterle firmare con la storica sigla, più probabilmente perché il suo è uno stile talmente radicato da renderne impossibile l’estirpamento.
In ciò No Pier Pressure non fa eccezione, una collezione di brani che ha le sembianze del greatest hits pur trattandosi d’inediti. Le collaborazioni cui ha dato vita Wilson per la realizzazione del disco sono di spessore: ci sono gli amici di una vita Al Jardine e David Marks, che marcano presenza negli episodi più “classici” del lotto (quelli come Whatever Happened e The Right Time, con quei cori e quegli incastri di voci che ne riconosci la firma all’istante), ma ci sono anche giovani promesse come Nate Ruess dei Fun (nel pop di Saturday Night) e il duo She & Him (che firma uno dei momenti più convincenti dell’album con l’incedere lounge di On The Island). Mancano gli annunciati Frank Ocean e Lana Del Rey, chissà perché.
C’è un brano dall’atmosfera avvolgente come la strumentale Half Moon Bay, forte della tromba di Mark Isham, ma anche tanti, troppi momenti di stanca: vedi la danzereccia Runaway Dancer – che presenta l’apporto di Sebu Simonian dei Capital Cities – o Guess You Had To Be There, ma anche quelli che Wilson prova a impregnare di confidenzialità come This Beautiful Day, Our Special Love, One Kind Of Love e The Last Song, niente più che materiale da piano bar. Di un lussuoso hotel, ma pur sempre piano bar.
Brian Wilson conferma con un album come questo “No Pier Pressure” tanto la sua immensa classe, innegabile anche in quelle tracce in cui c’è davvero poco da prendere, quanto l’assoluta incapacità di uscire dal proprio collaudato schema. Ma se gli si perdonava tutto dieci, quindici, venti anni fa, figuriamoci adesso che la sua carta d’identità conta la bellezza di 72 primavere.
(2015, Capitol)
01 This Beautiful Day
02 Runaway Dancer (feat. Sebu Simonian)
03 What Ever Happened (feat. Al Jardine and David Marks)
04 On The Island (feat. She & Him)
05 Half Moon Bay (feat. Mark Isham)
06 Our Special Love (feat. Peter Hollens)
07 The Right Time (feat. Al Jardine and David Marks)
08 Guess You Had To Be There (feat. Kacey Musgraves)
09 Tell Me Why (feat. Al Jardine)
10 Sail Away (feat. Blondie Chaplin and Al Jardine)
11 One Kind Of Love
12 Saturday Night (feat. Nate Ruess)
13 The Last Song
IN BREVE: 2/5