Basterebbe la metà degli aneddoti che circolano sul loro conto per fare dei British Sea Power uno dei gruppi più curiosi degli ultimi anni. Messi sotto contratto dalla Rough Trade di Geoff Travis dopo una sola (folgorante?) esibizione a Brighton, questi cinque ragazzi, capitanati dai fratelli Yan e Hamilton (i cognomi sono rigorosamente top-secret) usano fissare i loro incontri con la stampa in luoghi ameni raggiungibili tra mille difficoltà. Indossano abitualmente divise dell’esercito britannico e amano la letteratura dell’Europa orientale (soprattutto ceca). Particolare insolito quest’ultimo se consideriamo la “britannicità” tipica delle band d’oltremanica, di solito refrattarie a tutto ciò che proviene dal continente, a sottolineare un complesso di superiorità più o meno dichiarato. Altra peculiarità del gruppo, l’amore per la natura. I cinque praticano bird-watching. Le copertine dei loro cd pullulano di simpatici animali. Ai concerti addobbano il palco con rami e cespugli. Cespugli che spesso indossano pure. Open Season è l’atteso seguito dell’acclamato debut-album “The Decline Of British Sea Power” (2002). E non poteva essere più diverso. Là dove il primo album era schizoide e allucinato, capace di alternare fulminee sfuriate quasi punk a brani più rilassati, “Open Season” è lineare e pulito: un viaggio in una campagna inglese romantica e un po’ malinconica. E’ come se i cinque si fossero dati una ripulita dopo essere usciti dalla foresta. Le undici tracce si susseguono senza picchi particolari, su un livello medio-alto. Già, perché il lavoro non delude le aspettative. Le chitarre si inseguono tra echi e riverberi disegnando melodie languide e accattivanti che si lasciano ricordare già dal primo ascolto. Se fosse un genere sarebbe un indie pop (bucolico). Come la maggior parte dei nuovi gruppi, i British Sea Power ricordano un po’ tutti: hanno il romanticismo degli Smiths e dei primi Suede, evidente in brani come Be Gone e Like A Honeycomb, la freschezza degli Echo & The Bunnymen (Please Stand Up) e la dolcezza dei Gene (Victorian Ice e The Land Beyond). It Ended On An Oily Stage e Oh Larsen B, dedicata al gigantesco iceberg che si sta staccando dall’Antartide, rivelano l’epica trascinante tipica di certi episodi della new wave. Eppure, nonostante tutti questi riferimenti, “Open Season” ha una sua identità ben definita e si lascia ascoltare che é un piacere. Soprattutto in primavera.
(2005, Rough Trade)
01 It Enden On A Oily Stage
02 Be Gone
03 How Will I Ever Find My Way Home?
04 Like A Honeycomb
05 Please Stand Up
06 North Hanging Rock
07 To Get To Sleep
08 Victorian Ice
09 Oh Larsen B
10 The Land Beyond
11 True Adventuries
A cura di Elisa Guglielmi