“Bless my heart, and bless my soul / Didn’t think I’d make it to 22 years old”; così si apriva, dodici anni fa, l’esordio di quel gioiellino di band che erano gli Alabama Shakes. Diciamo “erano” perchè il gruppo, almeno per adesso, è evidentemente un capitolo del passato. Era già evidente che la Howard, della band indiscussa leader, frontwoman, autrice dei testi, necessitasse di dire qualcosa per sé e da sé, e questa evidenza si era palesata nel bel “Jaime” (dedicato alla sorella, scomparsa a 13 anni), primo album solista del 2019; bell’album, molto personale, ma evidentemente tutt’altro che perfetto.
Cinque anni dopo arriva questo What Now, e la situazione è diversa: la Howard è 35enne, divorziata, senza una band e via dall’Alabama. Lo inizia a scrivere nel 2020: si trova a Nashville, durante quello che per tutti, in quasi tutto il mondo, è stato un momento di enorme cambiamento, e cioè la pandemia. Lo registra in un piccolo studio costruito in casa, mentre di giorno va a pescare, a fare passeggiate, la sera registra, come se fosse un diario personale; le riflessioni di un personaggio estremamente complesso, di un talento debordante, impossibile da contenere in alcun modo. E, esattamente come in un diario, non ci sono vincoli, in questo caso neanche sonori: un momento sembra di ascoltare una hit da dancefloor su cui ha messo le mani il maestro Moroder (Prove It To You), il momento dopo sembra che i Radiohead finalmente abbiano rimesso le mani agli strumenti e abbiano tirato fuori un pezzo raffinato, magari dimenticato dalla scaletta di “A Moon Shaped Pool” (Every Color In Blue), e poi ancora sembra che lo spirito di Prince sia tornato qui su questa fottuta valle di lacrime (Power To Undo).
Ma questo caleidoscopio di colori, fra i quali troviamo anche pezzi più rock (il singolo omonimo dell’album What Now) e persino un doo-wop psichedelico (I Don’t) non sembra mai un calderone di cose a caso, anzi. Piuttosto, sembra un puzzle, nel quale ogni pezzettino – e non solo ogni brano, ma ogni passaggio di ogni brano – sembra avere un suo posto, perfettamente ritagliato. Questo mondo, il cui fil rouge è senza dubbio una psichedelia soul, è il mondo di Brittany Howard, ormai perfettamente padrona del sound e la cui mancanza dei suoi Shakes non si sente assolutamente. Anzi, “What Now” sembra proprio una naturale continuazione di quel “Sound & Color”, secondo e probabilmente ultimo album degli Alabama Shakes uscito nell’ormai lontano 2015 che fece incetta di premi (anche molto mainstream come i Grammy).
Invero, partendo da questo punto, possiamo rilevare tra i pochi difetti di quest’album: “What Now” è infatti un album molto bello, ed una sontuosa evoluzione rispetto al predecessore “Jaime”; non lo è invece dal livello che avevano raggiunto gli Alabama Shakes e, a tratti, gli manca la semplicità fortissima ma ricchissima dell’esordio di questi ultimi (“Boys And Girls” del 2012).
“What Now”, domanda alla quale, come ormai da consuetudine social o da conversazione su servizi di instant messaging, manca il punto interrogativo, vuol dire “e adesso?”. Probabilmente, per la Howard, quest’album ha significato una risposta a quella domanda. Tuttavia, esso può essere visto come la domanda stessa: questo è un passo nuovo, un nuovo inizio dal quale far partire una nuova fase per Brittany? È invece il consolidamento di un suono che sarà per lei uno standard per la carriera futura? Un passo verso il ritorno alla sua band? Difficile dare una risposta, e forse anche porsi la stessa domanda dopo un lavoro evidentemente complicato, stratificato, che ha necessitato molto lavoro. E forse, per il momento, conviene solo goderselo.
2024 | Island
IN BREVE: 4/5