Erano 20 anni che Tad Doyle non dava notizie di sé. Sì, quel Tad Doyle, l’altra faccia del grunge, quella puzzolente e sovrappeso che faceva da contraltare al dramma massmediatico dal viso angelico di Kurt Cobain. Quello che, a causa di strategie di marketing calibrate sui teenager, con quell’aspetto da macellaio – quale poi era realmente – non è andato lontano. Eppure i suoi TAD vivono nella memoria dei più scrupolosi amanti del sound di Seattle, complici anche dischi come “8-Way Santa” o “Inhaler” che sono piccoli capolavori che suonano ancora oggi rudi e vivi, estremamente sinceri.
Dopo 20 anni il mondo della musica è totalmente cambiato. Ma Tad Doyle, eccezion fatta per una lunga barba bianca, no. La Neurot Recordings gli dà la possibilità di rimettersi in carreggiata con questa nuova formazione che ha messo su nel 2008 con la bassista Peggy Doyle e il batterista Dave French, i Brothers Of The Sonic Cloth. Doyle ripaga la fiducia con un disco marcio, pesante come la sua stazza, ma chi si aspetta un revival grunge si sbaglia di grosso.
La band sfodera un doom slabbrato, lento e oscuro che ha parentele strette con YOB, Rwake, Unearthly Trance, i Neurosis di “Times Of Grace”. Non un suono anacronistico e nostalgico, i piedi sono ben saldi nella pesantezza contemporanea.
In questo debutto eponimo ci sono 7 brani che si dipanano in 44 minuti di riffoni possenti, andature lente e la voce di Doyle incarognita. Ogni tanto la banda tende a strafare e Unnamed, seppur ricca di spunti interessanti, risulta slegata complici i troppi cambi in serie che fanno un po’ di confusione, una maggiore concisione avrebbe reso il brano più incisivo. Le cose migliori sono altrove, ad esempio nella catastrofica I Am, nel flusso escoriante lungo ben undici minuti di La Mano Poderosa, nella greve e funerea Empires Of Dust, quasi un tributo ai luciferini Thergothon.
Lungi dal tornare in veste di nostalgico che rimembra il tempo che fu, come molti suoi colleghi più famosi hanno già fatto (Soundgarden? Alice In Chains?), Tad Doyle ci scaraventa addosso tutta la cattiveria che ha in corpo, mantenendo viva la sua reputazione di duro che non scende a compromessi. Pollice in su.
(2015, Neurot)
01 Lava
02 Empires Of Dust
03 Unnamed
04 La Mano Poderosa
05 I Am
06 The Immutable Path
07 Outro – Piano
IN BREVE: 3,5/5